l'ascolto unidirezionale (è rumore)

Effetto televisione sullo sviluppo psico-affettivo Le nuove generazioni non hanno potuto sottrarsi all’influenza dei mass media e spesso non si tiene sufficientemente in considerazione l’aspetto frustrante sotteso, ovvero “ascoltare senza essere ascoltati”. Noi siamo cresciuti in contesti dove l’interlocutore ci vedeva, noi potevamo rispondere e modificare i suoi messaggi o atteggiamenti, anche una non-risposta era una risposta, come ampiamente teorizza la psicologia sistemica, ma i giovani d’oggi sono cresciuti impiegando molto tempo a guardare ed ascoltare la televisione senza essere da lei guardati ed ascoltati. Non possiamo lamentarci della loro fragilità, del loro sentirsi “invisibili”, del loro bisogno di far chiasso e di farsi notare, l’ascoltare al di là di un video è come non esistere, è come un furto, è un rubare l’ attenzione senza dare altrettanta attenzione in cambio, viene tolta la possibilità di comunicare e far sì che qualcuno ti presti attenzione. Questa può essere considerata una forma subdola di narcisismo “subito”, e da questo narcisismo si può apprendere l’atteggiamento fondamentale nei confronti della vita, allora avremo ragazzi che non sanno e non vogliono ascoltare, che vogliono solo farsi notare o lasciare il segno del loro passaggio, come talvolta capita negli stadi o con i graffiti sui muri, ragazzi che hanno appreso l’indifferenza proprio da quelli che sembravano innocui passatempi, è come se fosse stata loro rubata “la relazione e il suo tempo” in cambio di fittizio benessere non impegnativo a cui non sanno rinunciare. Tutto è energia e gioco energetico anche il più pesante dei materiali è in realtà una macro rete che riflette e fa passare energia solo la "reinterpretazione" che fa la nostra mente, dell'energia di cui siamo investiti,   ci permette di abitare un luogo, nel senso di sentirlo nostro per quell'attimo che lo abitiamo.      

Illusioni 

La sindrome del fantasma In un castello popolato da fantasmi viveva il fantasma Certosino, era il fantasma di un frate certosino morto 784 anni prima. Quando il fantasma Certosino girava per il castello, percepiva solo rumori, oggetti rompersi, ed il castello del Conte Scolastico stava andando sempre più in pezzi. Piuttosto scocciato, il fantasma Certosino decise di recarsi dalle autorità competenti per chiedere spiegazioni. Giunto da San Pietro dopo un peregrinare fra inferno e purgatorio senza ottenere alcuna risposta, anche San Pietro, scuotendo il capo, gli disse che per il castello del Conte Scolastico era già stato tentato di tutto e che non c’era nulla da fare. Il fantasma Certosino lo minacciò che si sarebbe suicidato, anche se in realtà non era possibile, perché lì la vita, pardon, il dopo-vita, non era più possibile. San Pietro, impietositosi, gli indicò le nuvolette da seguire per arrivare a Lui, l’Unico a sapere cosa fare. Il fantasma Certosino non perse un millesimo di eternità e si recò da Lui, che si concesse con le sembianze di un bambino e naturalmente gli disse: “So già cosa mi devi chiedere, ma prima ti dico che nel castello dove sei, come in tanti altri castelli costruiti dalle menti degli uomini, nessuno si rende conto dell’esistenza degli altri, pensano di esistere solo loro, ma è proprio per questo che non sentono di esistere e da ciò deriva la loro sofferenza, sentono che qualcun altro intorno a loro esiste, ma non lo vedono e così, per farsi sentire, fanno rumore, rompono oggetti, causando proprio quella distruzione, che tu vorresti cessasse. E’ per questo che sei qui e ti devo dire che ho mandato anche il mio Unico Figlio per offrire gratuitamente altro Amore, ma quei testoni hanno chiuso la porta convinti come sono di essere dio. Basterebbe solo che cogliessero questo piccolo particolare, che con un termine in “teologhesse” si definisce Verità.” Il fantasma Certosino chiese se si potesse fare un’ eccezione per la Contea Scolastica, allora Lui rispose che ci stava provando con …

prepotenza: è rumore è il vuoto che protesta per il suo nulla    

  

Firmare senza farsi riconoscere Cosa ci sarà dietro a così poco rispetto per cose che non ci appartengono o che sono state fatte da altri? Ancora un “fantasma” che vorrebbe esistere? “La mia firma in tutta la città” .… peccato che non si possa riconoscere: una firma anonima, che paradosso! Eppure la convinzione in chi la fa che susciti attenzione, interesse perché si discosta dall’urbano e da ciò che forse rappresenta, ovvero l’anonimia, il segno dell’anonimia si traduce in graffito ma ancora resta immobile in questo destino e chi lo fa, ancora non riesce a cambiare il proprio destino, l’ineluttabile anonimo destino.

 C’era un gatto rosso che frequentava il giardino di una villetta nei pressi di Magenta. Da tipico gatto di strada, stava solo pochi secondi per sbaffarsi il cibo, poi spariva. Un giorno gli venne una macchietta sul pelo e la persona che gli dava il cibo si preoccupò tantissimo e chiamò l’ASL. Dopo diversi agguati, venne preso e messo in una gabbia per curarlo, ma con il passare del tempo il micio si ammalava sempre di più e gli era venuto anche un forte raffreddore. Chi accudiva il micio iniziò a preoccuparsi e cercò qualcuno a cui darlo. Quando lo trovò, glielo affidò nella speranza che il gatto, non essendo rinchiuso in una gabbia, si riprendesse. E in effetti fu così: una volta libero, il micio riprese vitalità e voglia di mangiare. Inizialmente venne chiamato Magenta, ma il micio non rispondeva, poi lo si chiamò Pluto, ma anche a questo nome non accennava minimamente a reagire. Si tentò allora con Romeo, ma nulla da fare. In un pomeriggio caldo e soleggiato, quando non resta altro da fare che vagare con la mente e rimanere immobili davanti a un ventilatore, le associazioni si avvicendano ed ecco il “motore immobile” - ah già, ma chi l’ha scritta questa cosa? Plotino, ah sì, mi pare proprio Plotino. Poi lo sguardo si sofferma sul micio: “ Plotino!”, ed ecco un cenno di risposta e nei giorni seguenti, stessa cosa; poi Plotino divenne Plotty e il micio rispondeva solo al richiamo Plotty o Plotino. Il micio si era scelto il nome come il graffitaro: aveva potuto farlo oppure l’aveva voluto? Ma dopo essersi scelto il nome, perché rimanere anonimi? E’ questo che non si capisce negli uomini: i paradossi che contraddistinguono la maggior parte delle loro azioni. Almeno il micio, una volta che il nome gli piaceva, si comportava coerentemente, rispondeva a quel nome, ma l’essere umano no, prima si sceglie il nome, poi non lo fa sapere a nessuno, lo scrive in modo indecifrabile e poi si lamenta perché nessuno lo nota!!!!

Firmare per imporsi: il dialogo che non c’è E’ possibile che i graffitari non firmino solo per lasciare il segno, ma per imporsi: proprio perchè non vengono guardati né ascoltati, vogliono imporre la loro presenza, anche se anonima – anzi, per assurdo, forse meglio, così non devono impegnarsi in discussioni ecc. - si impongono e basta su “cose” non loro, su muri bianchi che loro non hanno chiesto, non hanno voluto, per i quali nessuno ha chiesto la loro opinione. Il vero problema è sempre comunque l’assenza di dialogo, l’assenza della “fatica” del dialogo, dello spiegare, motivare le proprie affermazioni. Lo vedono gli insegnanti: i ragazzi non sanno argomentare, non sono abituati. Argomentare è “faticoso”, impegnativo, non basta il telecomando. A tale proposito, in un certo senso, l’avvento della videocassetta prima e del dvd dopo ha ulteriormente peggiorato la situazione, perchè si può anche bloccare lo scorrere di una storia dove si vuole, farla tornare indietro, saltare…tutto “on demand” - o forse a volte potrebbe anche essere utile, se servisse però a soffermarsi su una parola o una frase o un’immagine per rifletterci su, come si faceva con i libri, non si possono sostituire gli amici con la tecnologia.  

Le stelle non hanno l’interruttore e nemmeno il telecomando. Nella notte di San Lorenzo un astronomo portò il figlio Slocco nel suo osservatorio per fargli ammirare il fenomeno delle stelle cadenti, ma il figlio era poco paziente e tutte le volte che appariva una stella cadente, aveva lo sguardo sul suo cellulare. Il padre inutilmente diceva: “Eccone là una!”, perché il figlio, tolto lo sguardo dal cellulare, non faceva in tempo a vederla, poi s’irritava e diceva : “Che stupide stelle! Cadono quando non le posso vedere” - inutilmente il padre gli faceva notare che non era colpa delle stelle, ma era lui che non guardava il cielo, che continuava a guardare il suo cellulare. Ma Slocco non ascoltava, anche perché con gli auricolari stava ascoltando per la 2345esima volta un brano musicale di moda. Poi, preso da una certa curiosità, chiese al padre di filmarli, così avrebbe potuto vederseli a casa con comodo, ma il padre rispose che non era possibile, perché le stelle vanno viste senza interruttori e senza telecomando. Tornando a casa, Slocco sentì la conversazione di una bambina con suo padre: “Papà, davvero la mamma è quella stellina che mi hai fatto vedere prima?” “Ma certo, è sempre in cielo e ti vede e protegge sempre” “ Ma papà, allora ho capito: la mamma, come tutte le stelline, non si spegnerà mai, così anch’io per te e tu per me, vero?” Slocco disse a suo padre che quei due si stavano proprio illudendo. Suo padre non aveva parole per esprimere la propria impotenza e amarezza nei confronti del figlio e non rispose, ma Slocco pensò di aver detto una cosa molto vera e rafforzò il suo convincimento, senonché un collega del padre, anch’egli astronomo, disse a Slocco: ”Sei tu che ti illudi pensando di poter conoscere il cielo in un video, e non comprendi che alcune cose molto sottili possono essere spiegate solo con le analogie, l’amore non si può toccare, ma è come una stella, che non si spegne mai anche quando non si vede perché c’è il sole, ovvero non si vede perché magari la persona è morta, ma ciò è molto più reale del cellulare che hai in mano, perché l’amore pulsa sempre come le stelle, il tuo cellulare invece semplicemente ti fa ricordare che ti manca qualcosa…. Sarà questa stella pulsante!!!!”