Habit theory
Abito, abitare, abitudine....
Talvolta partire dal significato etimologico di un termine, aiuta ad approssimarsi ad un significato complesso, quanto profondo, quale il valore dello spazio privato per una persona, che è anche rappresentazione mentale di tale spazio. Habere in latino significa stare, possedere e da questo verbo deriva habitus, che indica l’aspetto esteriore, la qualità, la caratteristica.
“Abito”, come anche “abitare” e “abitudine”, è l’espressione visibile di una parte della nostra personalità. La personalità di ognuno non è qualcosa di stabile ed immutabile, può variare nel corso della vita, ma questa variazione necessita di tempi e modi che il soggetto stesso sceglie. Se non c’è adesione da parte del soggetto, la modifica di un comportamento o di un tratto di personalità può essere percepita come egodistonica o tradursi semplicemente in una forma di compiacenza provvisoria. Il proprio sé risiede anche nelle nostre abitudini e il nostro abitare uno spazio: è uno stare “seduti”, uno stabilirsi su riferimenti costanti. Come la nostra personalità si “stabilisce” su tratti costanti, fra l’abitare e l’espressione della personalità c’è un indubbia relazione. Da ciò si deduce quanto i conflitti possano produrre problemi, in quanto mettono in crisi elementi che favoriscono il costituirsi, durante il percorso di vita di ognuno, della struttura di personalità. Tutto è energia e gioco energetico anche il più pesante dei materiali è in realtà una macro rete che riflette e fa passare energia. Solo la "reinterpretazione" che fa la nostra mente, dell'energia di cui siamo investiti, ci permette di abitare un luogo, nel senso di sentirlo nostro per quell'attimo che lo abitiamo.
Identità
Ogni identità abita tre principali universi dimensionali: materiale ideico spirituale ogni universo dimensionale è l’insieme di diverse dimensioni che possono avere orientamenti multipli tendenti all’affermazione o all’assenza di affermazione (negazione) di una espressione energetica in quella precisa dimensione; per esempio nell’universo materiale la dimensione biologica è uno degli elementi facenti parte l’insieme “materiale” dopo il concepimento un embrione si trova orientato biologicamente verso l’affermazione biologica, nella malattia ha un orientamento affermativo e di negazione (un po’ e un po’ e differente da uno e l’altro) dopo la morte e in particolare con la combustione si ha solo un orientamento negativo (assenza di espressione energetica nella dimensione biologica). L’universo materiale ha molte dimensioni fra cui quella citata “biologica” (animale vegetale …) quella percettiva (sensi) qualitativa (acqua-terra-aria-metallo-) ecc. L’universo ideico (pensiero-idee-rappresentazioni) è costituito da elementi come la verità intellettuale/falsificazione, creatività/distruttività, emozioni, sentimenti, affetti ecc. L’universo spirituale è un insieme di dimensioni come l’etica, l’amore spirituale, la verità spirituale, la speranza, la fede ecc. Ogni identità va immaginata come costituita da diverse espressioni energetiche dipendenti da: direzione e tempo che producono movimento con intensità variabili a secondo di quanto comunicato dalle altre espressioni energetiche (armonia-sinfonia fra unità di espressioni energetiche)ogni unità andrebbe immaginata di due tipi: come una sfera che si allarga e restringe o come un fuso le cui estremità si possono allungare o accorciare diminuendo o allargando la circonferenza posta su posizioni diverse (centrale, più verso una estremità o verso l’altra), nell’universo materiale queste unità energetiche producono essenzialmente luce suono consistenza (peso se hanno a che fare con la forza gravitazionale, le tre direzioni spaziali del movimento ecc). L’esistenza materiale di una identità è posta come su una linea che continua prima della nascita e prosegue dopo la morte, la nascita e la morte si potrebbero immaginare come due soglie nelle quali l’universo materiale scompare piano piano e l’identità si costituisce solo di espressioni energetiche di unità che migrano dall’universo materiale a quello mentale e spirituale. La mente è presente in tutti e tre gli universi. Questa teoria della mente permette una integrazione fra approcci filosofici-esistenziali, riduzionistici (esempio neurologici) e umanistico-sistemici. Inoltre permette di poter prendere in considerazione i fenomeni paranormali (veggenze telepatie) distinguendoli da suggestioni di carattere illusorio.
UNITA' ENERGETICA Ogni entità identitaria che abita i tre universi è costituita di unità energetiche le cui espressioni energetiche dipendono dalla collocazione universo-dimensionale e dalla relazione che hanno con le altre unità energetiche nei tre universi espressioni di insiemi dimensionali (materiale-ideico-spirituale). Le unità energetiche sono funzioni elementari dell'espressione energetica e possiamo immaginare abbiano principalmente come due forme una fusiforme e l'altra sferica queste forme che possiamo immaginare sono date dalla vibrazione come di una stringa che può variare innumerevoli volte a secondo che “la pancia del fuso” si trovi come se fosse più vicina a una estremità o all'altra; quando questo allargamento si trova al centro è come se potesse allargarsi fino a diventarne una sfera (quindi essenzialmente si tratta di una sola forma) ma quando si esprime come se fosse una sfera il movimento da vibratorio è come se divenisse di espansione/ non espansione (si allarga e si stringe). Questo movimento determina la funzione dell'unità energetica in relazione “identitaria” con le altre unità energetiche che possono trovarsi in altri universi dimensionali, la relazione “identitaria” è una relazione forte quindi è possibile come una comunicazione fra entità identitarie ma più difficile il passaggio di una unità energetica da una entità identitaria all'altra. Qui si potrebbe ipotizzare che nelle manifestazioni cosidette schizofreniche qualcosa predisponga più facilmente il passaggio di unità energetiche da una entità identitaria all'altra o forse che vengano liberate unità energetiche a danno dell'entità identitaria d'origine (la persona con manifestazioni schizofreniche). Ora possiamo immaginare che ogni unità energetica possa dare espressione energetica in base a due fattori: movimento e tempo energetico, questi due fattori danno luogo a: intensità energetica ma ogni unità energetica è come se avesse un colore unico che la contraddistingue e la lega a una determinata entità identitaria (o come se fosse una chiave di lettura come la chiave di violino negli spartiti). L'intensità energetica può essere debole o forte e questo caratterizza l'orientamento dimensionale dell'entità identitaria verso un positivo come espressione energetica in sincronia con la dimensione posta nell'universo ( materiale - ideico - spirituale) quando è per così dire forte (in armonia con la dimensione) o verso un negativo che potrebbe significare semplicemente assenza di espressione energetica (direzione dall'altro verso dell'armonia dimensionale), con perdita per così dire energetica dell'entità identitaria. Le unità energetiche si esprimono in universi dimensionali spazio temporale per quanto riguarda l'universo materiale, aspaziale e solo temporale per quanto riguarda l'universo ideico e atemporale e aspaziale per quanto riguarda l'universo spirituale. In questo senso l'universo dimensionale condiziona l'espressione dell'unità energetica in concomitanza con il movimento e il tempo energetico che danno luogo all'intensità energetica. Il tempo energetico corrisponde al numero di movimenti delle stringhe costituenti l'unità energetica in un dato tempo energetico. Il tempo energetico è come se fosse dato dalla sincronicità della stringa dentro una entità identitaria che si trova all'interno di un determinata dimensione collocata in un dato universo dimensionale.
1.a.Filologia del conflitto
Il termine “personalità” ancora richiama a qualcosa che avvolge la persona, qualcosa di molto vicino - dall’etrusco phersu che significa maschera - e ciò che richiama inevitabilmente il rapporto con l’altro, è il senso di un accedere ad un luogo sacro, privato e prezioso per ognuno. Allora, con un gioco di parole, habit diventa adit, dal greco, con equivalente in latino “accedere al tempio”, ovvero entrare con il giusto atteggiamento in uno spazio particolare e sublime. Il rapporto con l’altro è come un accedere al tempio, se l’entrare è in armonia con l’ habit dell’altro, potremmo chiamare tale entrare adit. Se questo entrare diventerà uno “spingere in avanti”, un “premere” cioè agere, da cui deriva “agile” ma anche “agitare”, cioè muoversi velocemente, muoversi egoisticamente con il solo scopo di raggiungere un obiettivo, come se “l’agile” “agitasse” l’ingresso al tempio, allora adit diventerà agit, e abit non verrà più concesso, ovvero il tempio si nega come si nega l’essere che è in noi e la maschera che sorge alla porta del tempio diventa brutta e cattiva come quelle che sono poste sulle pareti della cattedrale di Notre Dame di ParigI.
Da qui hanno origine i conflitti con i "compagni di classe", come se si volesse entrare senza aver pagato il biglietto nella cultura, nella differenza, nel tempio dell’altro. Quando la musica è stonata l'energia non riesce a danzare ben, questo capita qundo la melodia cambia direzione per diventare rumore, nel rumore l'abitare diventa più pesante e la psiche ne soffre.
Habit theory
concetti di base
Tre personaggi sull’onda del palinsesto.
Miss Abit era una signorina con modi molto garbati che amava la stabilità, il suo passatempo preferito era quello di guardare il cielo per capire se potesse rispecchiarsi nel suo piccolo pozzo interiore che amava chiamare anima. Mister Adit andava spesso a trovarla e da lei riceveva “riconoscimento”, era come se percepisse di esistere ed ella era come “compiaciuta” per queste attenzioni, come se anche lei sentisse di esistere. Questa loro amicizia si chiamava relazione ed entrambi, per amore l’uno dell’altro, facevano attenzione a non stonare di una sola nota. Un giorno un energumeno di nome Agit decise di occupare l’abitazione di Miss Abit, agilmente s’inoltrò nel suo giardino e al momento giusto spinse fuori Mister Adit, che premurosamente aveva cercato di avvisare Miss Abit dell’intrusione. Poi Agit premette a lungo sul campanello di Miss Abit, ma non ottenne risposta. Fece altri tentativi, ma non riusciva ad entrare nell’abitazione di Miss Abit, da lei riceveva “disconoscimento”. Dopo un po’, Agit iniziò ad identificarsi con i propri desideri, con il risultato che avvertiva come un vuoto interiore. A causa di ciò iniziò a guardarsi indietro e capì che il suo “premere” non portava ad alcun riconoscimento, bensì solo ad imporre se stesso e questo, a sua volta, a “perdere se stesso”. Da questo guardarsi indietro comprese il senso del rispetto, rispetto necessario per poter ritrovare se stesso. Lungo la strada del rispetto Agit incontrò Meteoro, un signore anziano che gli rivelò che in realtà in ognuno di noi esistono Abit, Adit e Agit: Abit e Adit funzionano come correnti ascensionali e Agit come corrente discensionale.
Desiderio e amore di sé.
La soddisfazione di un desiderio troppo spesso si scambia per soddisfazione di un bisogno: è la nostra parte più fragile, quella più vulnerabile ma anche “il nemico che c’è in noi”. Da questo aspetto è nata una disciplina spirituale: il Buddismo, che indica la via tramite le otto rettitudini che potrebbero essere considerati i nostri veri bisogni - predonino i buddisti l’eccessiva semplificazione - e insegna come liberarsi dalle passioni e dai desideri per ottenere la tanto ambita felicità. Dal punto di vista psicologico, il desiderio può essere definito anche come tensione verso un “oggetto , una “confusione” d’oggetto. L’altro “nemico in noi” da combattere è il “ritiro dall’oggetto” ovvero dapprima indifferenza per tutto ciò che non è il proprio io o un prolungamento del proprio io, poi l’assoluta cecità per ciò che è al di fuori del proprio io e da ciò l’assoluta insensibilità per l’altro e l’eccessiva sensibilità per se stessi, amore solo per sé, quello “pseudoparadiso” che è in ognuno di noi chiamato narcisismo. Anche qui troviamo una spiritualità che, se correttamente intesa, cerca di contrastare questa seconda debolezza dell’essere umano.
Il Cristianesimo, con il suo insegnamento di amare il prossimo come se stessi e con le sue beatitudini (beati i poveri, i miti, gli umili di cuore, i costruttori di pace ecc.) indica pratiche di come vincere quel narcisismo che tanto ci rende infelici - anche qui perdonino i teologi per tanta semplificazione. Bramosia e narcisismo, quatti quatti, impediscono la nostra crescita, assieme ad altri lati oscuri del nostro essere come ad esempio i sentimenti negativi ( la gelosia, l’invidia) che, a dir il vero, fra averli dentro o incontrarli sulla propria strada, è di gran lunga più “desiderabile” la seconda ipotesi.
Una dura battaglia
Un tempo esistevano due grandi contee: la contea di Brama e la contea di Narchè. Il conte Brama s’innamorò perdutamente della contessa Narchè e la sposò. Da questo matrimonio nacque il regno di Infelix, posto adiacente al regno di Felix. Gli abitanti di Infelix da un po’ di tempo avevano iniziato ad emigrare nel regno di Felix, cosicchè Brama e Narchè erano irati, perché a risentirne era l’economia del regno ed in particolare la loro stessa ricchezza. Allora annunciarono battaglia al re di Felix, di nome Felix, un bonaccione sobrio e distaccato proveniente dalla casata degli Omili. Costui aveva sposato una romantica principessa della casata degli Egonograzias di origine spagnola, di nome Agapesa. I sovrani di Felix non avevano alcuna voglia di iniziare battaglie e così Brama e Narchè, per evitare ulteriori rimandi, concessero loro di scegliere le armi per la battaglia. I regnanti di Felix capirono che questa battaglia era ormai inevitabile, così accettarono e scelsero di comune accordo, come unica arma, il discorso e solo loro quattro come partecipanti alla battaglia. Narchè andò su tutte le furie poiché sosteneva che non si era mai visto un regnante partecipare direttamente ad una battaglia, ma Brama iniziò a farle intravedere i vantaggi dell’eventuale vittoria: non avrebbero avuto perdite di uomini e potevano impossessarsi di un regno dieci volte più grande del loro. Narchè capì che poteva essere la prima e unica sovrana di un regno tanto grande e accettò. La battaglia iniziò e Brama attaccò Felix dicendo che il suo regno era fittizio, ma Felix lo neutralizzò con un semplice: “Tu sai che non è vero”, allora Agapesa si parò di fronte a Narchè, ma Narchè s’accorse di non sentire nulla e di vedere solo le labbra di Agapesa muoversi. Allora s’irritò e chiese perché mai muovesse solo le labbra e non parlasse. Brama corse in suo aiuto, ma fu costretto a dirle che tutti sentivano ciò che Agapesa diceva, solo Narchè non lo sentiva. Narchè si spazientì e disse:”Ma se non sento, come faccio a combattere?” A Narchè mancava la capacità di sentire perché ascoltava solo se stessa. Allora Brama chiese di sospendere la battaglia, ma Felix non volle e svelò loro che se avessero vinto la bramosia e il disprezzo per l’altro che si annidava in loro, potevano vincere. Brama, scuro in volto e disse che poiché era stato a lui concesso di ottenere tutto ciò che voleva, la sua bramosia era infinita e non poteva essere vinta. Allora Felix gli propose di iniziare proprio da quella battaglia che aveva perso cosi per una volta Brama non aveva ottenuto ciò che voleva, e per un attimo Brama sperimentò il distacco, si sentì felice e lo trovò interessante. Narchè per la prima volta pensò che di fronte aveva una persona che stava dicendo qualcosa d’interessante, ma ella era troppo presa da sé, non poteva sentire. Felix e Agapesa stavano iniziando ad avanzare e a trasformare Infelix in Felix e qualche emigrato da Infelix stava pensando all’ipotesi di tornare nella sua terra d’origine. Morale: non desiderare cose inutili, ma cerca la verità in tutte le cose, non sentirti così superiore da non sentire più cosa ti dice l’altro, ma poniti in vicinanza senza confonderti con lui e accogli nel tuo cuore ciò che di interessante ha da dirti, così crescerà in te il regno di Felix e scomparirà quello di Infelix.