Ora appare evidente che l’ipotesi dell’habit theory, di tre insiemi dimensionali, comunicanti, di cui solo nell’insieme spirituale “abiterebbe” il tempo e lo spazio, mentre in quelli mentale e materiale solo “il movimento” è difficile da concepire.
Se noi decidiamo di intraprendere una azione, per esempio far esplodere una parte di roccia montagnosa, lo facciamo in un determinato “tempo” e “spazio” con la conseguenza che quella realtà materiale in quel tempo e in quello spazio è modificata; quindi come si può pensare che in un ipotetico insieme dimensionale materiale, non esista il tempo?
Vero, agendo sulle variabili spazio-tempo nella dimensione materiale possiamo per esempio produrre la disintegrazione della forma (esplosione e distruzione di una roccia) vero anche che l’azione “materiale” sembra esercitarsi in un determinato tempo e spazio, ma se noi ipotizziamo che il tempo e lo spazio siano presenti solo nella dimensione spirituale, dobbiamo immaginare che spazio e tempo (spirituali) si riflettano (come l’immagine di uno specchio doppio) sulla realtà materiale e da li ritornino riflessi sulla realtà spirituale in modo che “codificati nel tempo e nello spazio” ritornino (aggiustati) alla realtà materiale in un processo (susseguirsi di forme) che fa sembrare che il tempo e lo spazio siano presenti (abitano) nella realtà materiale. Pertanto nella realtà materiale non c’è la scomposizione del movimento in tempo e spazio, ma questa scomposizione abita di riflesso la realtà materiale. Ovvero, tempo e spazio si riflettono nella materia e permettono di esercitare un’azione nella dimensione materiale che produce un cambiamento della forma materiale che però è priva di spazio e tempo. Fenomeni che potrebbero “avvallare” questa ipotesi sono i cosi detti miracoli, apparizioni di realtà spirituali, cioè tutti i fenomeni che il positivismo etichetta come suggestioni, ma anche pensare che i tratti sempre di suggestione è poco credibile, quindi potremmo pensare di cambiare modo di concepire la realtà in cui esistiamo per esempio nel modo sopra descritto.
Tornando all’esempio dell’esplosione della roccia, questo cambiamento nella dimensione materiale non produrrebbe alcun cambiamento nella dimensione spirituale.
Quando la soggettività energetica a causa di una prevalenza del nulla si sposta tutta nella realtà materiale (es roccia) li permane inerme e si scollega dagli insiemi dimensionali mentale e spirituale. In alcune forme cosi dette deliranti, che potremmo considerare come “svelamento della realtà spirituale, o inconscio collettivo come sosteneva Jung, alcuni pazienti dicono di avere paura di diventare come le pietre per sempre, ossia che la loro soggettività energetica si trasformi in “nulla permanente?” Forse questo è l’inferno di cui parlano le religioni?
Problematicità delle variabili: tempo-spazio
Lo spazio e il tempo andrebbero considerate come variabili immateriali stabili solo nell’insieme dimensionale spirituale, in quanto non misurabili numericamente con esattezza nell’insieme dimensionale materiale.
tradotto con google:
Problematic variable time-space
As I stated energy efficiency has constitutive unit variables: intensity and movement as a whole and only spiritual dimension, the variable movement is broken down into variables: space / time. This aspect for the time being guessed is difficult to sustain according to a scientific positivistic, or supported by the perceptibility of sensory phenomena. It ‘clear, however, that there is a reality can not be perceived by the senses (sight, touch, hearing, smell), for example, the thoughts, or at least the content of thoughts is not perceptible by the senses, but nobody can deny that there is as much as a wooden table.
So according to a scientific non-positivist perspective, space and time belong to a reality, “immaterial” that can be measured in the abstract (numeric) but the numbers in material reality (the language from the semantic point of view can not be heard by the senses so it is immaterial) do not exist when you try to measure the material reality of the numbers we are often faced with the mathematical paradoxes, with infinitesimal numbers or anything, just in the area of spiritual reality is exact numeric, for example by phonemes (letters of ‘alphabet) and corresponding numbers.
It ‘should be understood in this sense that the space-time variables, ie variables measured numerically, the measurement of which does not create paradoxes numeric interpretations experts cabalistic they are good because the mismatch reveals a numerical error that allows them to correct the ‘interpretation, do not get to actually “numerical unrepresentable” as happens in reality perceived through the senses. Dates (numerical correspondences time) and words (numerical correspondences space) are perfectly combined in a semantic system that with ease is revealed to those who know him (eg Jewish mysticism, but I think there is also something similar in Buddhism , Taoism, Hinduism), then according to a rational non-anthropocentric perspective (my sight, my hearing, my thoughts) time and space that can not be the whole spiritual dimension.
Coovibrazione + – Soglia vibrazionale
Habit theory concetti di: coovibrazione forte/debole- soglia vibrazionale
per continuare la lettura visionare questo link http://www.studiopsicologiamantova.it/ipotesi%20di%20costrutto%20teorico.htm
SULLE ALI DELL’ANIMA
SI POSE IL CANTO DI UN USIGNOLO
E MENTRE IL SOLE DISEGNAVA LE NOTE DEL CANTO
E IL VENTO DANZAVA CON LORO
IL PERTURBANTE
PIOMBO’ COME UN MACIGNO
SULL’ANIMA, CHE CADDE A TERRA
E CON IL PROPRIO PIANTO INIZIO’ A SCAVARSI UNA FOSSA
MENTRE QUALCUNO DICEVA: E’ UN CASO GRAVE
“LA PSICOTERAPIA” CONTINUAVA A RIMETTERE TERRA DOVE L’ANIMA LA TOGLIEVA
POI L’ANIMA SI STANCO’ DELL’INUTILE SCAVARE E RICOMINCIO’ A VOLARE
da “Linguaggi altrove” di C.F. 2007
a) la persona e la sua casa
L’abitare e la struttura di personalità
Talvolta partire dal significato etimologico di un termine aiuta ad approssimarsi verso un significato complesso quanto profondo quale, il valore dello spazio privato per una persona, che è anche rappresentazione mentale di questo spazio.
Habere in latino significa stare, possedere e da questo verbo deriva habitum, che indica l’aspetto esteriore la qualità la caratteristica.
“Abito” come anche “abitare” e “abitudine” indicano tre termini indicano, è l’espressione visibile di una parte della nostra personalità.
La personalità di ognuno non è qualcosa di stabile e immutabile, può variare nel corso della vita ma questa variazione necessita di tempi e modi che il soggetto stesso sceglie, se non c’è adesione da parte del soggetto la modifica di un comportamento o di un tratto di personalità può essere percepita come egodistonica o tradursi semplicemente in una forma di compiacenza provvisoria.
Il proprio sé risiede anche nelle nostre abitudini e il nostro abitare uno spazio è uno stare “seduti” uno stabilirsi su riferimenti costanti come la nostra personalità si “stabilisce” su tratti costanti, fra l’abitare e l’espressione della personalità c’è un indubbia relazione.
Da ciò si deduce quanto i conflitti abitativi possano produrre seri problemi psicologici in quanto mettono in crisi elementi che favoriscono il costituirsi, durante il percorso di vita di ognuno, della struttura di personalità.
Il bisogno di sicurezza e la compromissione dei bisogni di base
Gli psicologi umanisti ritengono che la soddisfazione dei bisogni primari fra cui quelli fisiologici e quelli di sicurezza siano condizione necessaria e indispensabile per poter procedere alla soddisfazione dei bisogni secondari tra cui quelli affettivi e di autorealizzazione.
Da ciò si evince che la compromissione del bisogno di sicurezza blocca la soddisfazione del bisogno d’amore, stima, conoscenza ecc. cioè quelli più elevati.
Sarebbe come dire che senza cibo, letto e tetto passerebbe a chiunque la voglia di amare, lavorare, conoscere e così via.
Benchè gli psicologi umanisti non rappresentino tutte le teorie psicologiche è facile intuire che c’è del vero in ciò che dicono infatti dove esistono popolazioni di cultura nomade (in questo caso non c’è il tetto) essi si muovono in gruppi piuttosto numerosi e pertanto il bisogno di sicurezza non viene compromesso.
In una cultura individualistica come la nostra, una seppur minima minaccia e compromissione del bisogno di sicurezza viene vissuta come minaccia all’integrità psico-fisica e pertanto assume un valore elevato d’intensità soggettivamente percepita di stress.
Da ciò si deduce che le cosidette “liti condominiali” che talvolta potrebbero apparire come eccessive e paradossali hanno ragioni ben più valide di quanto, da non coinvolti, possano sembrare.
b) Ia persona e i suoi vicini di casa
Gli effetti fisiologici e psicologici della provocazione sistematica e continuativa
Ognuno ha un suo sistema percettivo-sensoriale: benchè la percezione di uno stimolo visivo, uditivo, tattile, olfattivo, gustativo sia pressochè uguale per tutti, l’attenzione, l’elaborazione, la rappresentazione, la memorizzazione di ciò varia da soggetto a soggetto.
Ognuno di noi è persistentemente immerso in una quantità infinita di stimoli, poiché il nostro sistema nervoso non li può elaborare tutti tendiamo a preferire un canale piuttosto che un altro, esempio quello uditivo o quello visivo, pertanto potremmo prestare attenzione a un numero maggiore di stimoli visivi piuttosto che uditivi, il che non significa che percepiamo solo stimoli visivi ma semplicemente che nel dare più importanza a questi utilizziamo di preferenza questo canale ma anche gli altri sistemi sensoriali sono attivi.
Se uno stimolo visivo è fastidioso, ad esempio luce intermittente, lo possiamo evitare girando semplicemente la testa, ciò è meno fattibile con gli stimoli uditivi poiché per evitare uno stimolo uditivo fastidioso, per esempio il suono di un allarme, dobbiamo evitare tutti gli stimoli uditivi,tappandoci le orecchie, fra cui magari anche il suono della sveglia che ci permette di arrivare al lavoro in orario.
Procedendo con lo stesso esempio se l’allarme suona tutte le mattine alle cinque all’apertura della saracinesca di un bar perché il proprietario del bar si dimentica di disattivarlo le cause della reazione che danno luogo a frustrazione potrebbero essere:
a)è un suono molto alto
b)è un suono che provoca allerta
c)avviene nella parte terminale delle fasi del sonno
d)non può essere evitato perché non prevedibile
e)non può essere eluso perché comporterebbe l’elusione di altri suoni che sono necessari
e l’elenco si potrebbe allungare ma poco importa perché anche una sola delle cause genera frustrazione e quindi aumento dell’aggressività che può essere repressa oppure messa in atto.
In tal caso non si tratta di provocazione in quanto il disturbo proviene da un atto o mancanza involontaria, per esempio poniamo il caso che si tratti di un barista anziano, bevitore e un po’ perso… se non abbiamo un atteggiamento di accusa la frustrazione è meno intensa, ma attenzione è proprio per dimiuire l’intensità della frustrazione che spesso siamo portati a sottostimare la volontà di un’azione disturbante.
In realtà in molta bonarietà è insito un vantaggio secondario, ci si arrabbia meno e ci si sente meglio, anche se ciò comporta una “quiescenza giustificatoria” che potrebbe condurre a vera e propria provocazione per il solo gusto di agirla, da parte del disturbatore.
In altre parole un atteggiamento di eccessiva bonarietà può trasformare un’inavvertito disturbatore in provocatore “di professione”
Senza per ora dilungarsi su alcune caratteristiche di taluni soggetti in merito a tratti di personalità oppositivi o antisociali e sui motivi di ciò, è utile comprendere come in questi casi sia importante essere “definitori” e chiari nei confronti del disturbatore onde evitare che diventi un provocatore di cui è difficile liberarsi.
L’occasionale disturbatore, e non sappiamo se è un potenziale provocatore, non dovrebbe cogliere alcun soggettivismo nelle vostre rimostranze, non deve pensare di esservi in qualche modo antipatico, anche se ciò sarebbe una legittima conseguenza del suo comportamento, la sospensione del giudizio nei suoi confronti è d’obbligo.
La rimostranza dovrebbe avere carattere di oggettività e neutralità, e nelle fasi iniziali non dovrebbero essereci intermediari; la gestione di questi momenti è molto importante in quanto ha il potere di risolvere sul nascere il conflitto.
Se il disturbatore diventa un provocatore, inizia a mettere in atto una strategia più o meno premeditata, diciamo che un po’ stressa perché se ne dimentica e un po’ perché lo fa appositamente.
Dopo un po’ di tempo si può parlare di vera e propria provocazione continua e sistematica, le caratteristiche di questo tipo di provocazione sono:
a – le provocazioni sono mirate alle caratteristiche della vittima ovvero se ad esempio è una persona con prevalente utilizzo del canale uditivo le azioni di disturbo saranno in prevalenza rumori, oppure se è una persona che ama l’ordine e la pulizia vi saranno spesso “casuali” macchie di ogni genere per le scale, se il soggetto tende ad addormentarsi presto la sera la televisione ad altissimo volume fino notte inoltrata del vicino provocatore diventerà una consuetudine ecc
b – la maggior parte imprevvedibili
c – possibilmente inevitabili
d – protratte nel tempo
e – continuative
Il provocatore nell’attuare questa strategia si sente piacevolmente invincibile e inpunibile, è come se godesse di una rivincita sulle figure genitoriali o educative, di solito questo tipo di persone non hanno avuto l’abilità di comprendere il senso e il significato dei limiti educativi; inoltre il bisogno di autoaffermazione/onnipotenza infantile è prevalso sullo sviluppo della posizione di fiducia inibendo la capacità del soggetto di riconoscere l’altro come differente, con cui relazionarsi sulla base di modalità condivise.
La vittima nel fare esperienza di persecuzione inizia ad assumere atteggiamenti ostili generalizzati prima sulle figure affettivamente più vicine poi sempre di più su tutti.
L’imprevvedibilità delle azioni disturbanti eleva l’attivazione psico-fisiologica in uno stato di allerta persistente simile a quella di un militare americano nel Vietnam dove l’imprevvedibilità era una vera e propria tattica militare, un po’ meno intensa , se non vi sono state minacce, in quanto non è presente il timore di perdere la vita.
L’inevitabilità genera spesso un’intensificarsi della frustrazione e la conseguente e più diffusa reazione di repressione dell’aggressività può produrre sintomi psicosomatici fino ad arrivare a un sempre più profondo senso di inefficenza e incapacità date dal fatto che le azioni di disturbo diventano continuative e protratte nel tempo, ottime fondamenta per una sindrome depressiva grave.
Un soggetto con disturbo di personalità sadico-ossessivo e la sua capacità di destabilizzare qualsiasi sistema
Alcuni colleghi mi perdoneranno questo abbinamento in un unico disturbo di personalità di due disturbi di personalità di cui uno, quello sadico, non in elenco nel famosissimo Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali.
Infatti è dagli anni novanta che il disturbo sadico, di personalità viene dai professionisti del “psiche” praticamente ignorato, per esempio il disturbo masochista lo si può trovare un po’ nel “disturbo dipendente di personalità” ma il sadico pare sia proprio scomparso dalla manualistica, per quale ragione?
Forse che il sadismo rientra nella normalità? O forse che vi è un sadismo sublimato fra gli psichiatri e poiché loro stessi hanno codificato questi disturbi non potevano certo mettersi fra i disturbati.
In ogni caso a mio parere il sadismo è un disturbo di personalità che inizialmente può essere percepito non come egodistonico, ma anche il “maniacale” sostiene di sentirsi benissimo, se proprio non lo si vuole inserire nei disturbi di personalità potremmo almeno parlare di sadismo patologico come si parla di gioco d’azzardo patologico.
Poiché non è questo lo spazio adatto per disquisire sulle categorie diagnostiche datemi per buona questa categoria di “disturbo sadico-ossessivo” ben approfondita dalla scuola analitica ora pare gettata “assieme all’acqua sporca”.
Il sadico-ossessivo si trova sempre quando si studiano situazioni di mobbing, il sadico trova immenso a piacere nel distruggere qualcosa di valore per una persona indipendentemente che questa persona sia o no affettivamente significativa per il sadico, il piacere principale è nel creare dolore a qualcuno; il sadico-ossessivo ha un doppio piacere quello del dolore inferto e quello della posticipazione in crescendo del proprio piacere, cioè crea tanti piccoli dolori alla vittima prescelta ma si sente ancora più potente nel controllare questo proprio piacere al fine di averne uno finale molto intenso ovvero la distruzione definitiva della vittima ad opera della vittima stessa, è quasi come un “coito” tutto mentale fantasticato come delirio d’onnipotenza che sfugge completamente al controllo del super-io poiché la vittima viene portata al punto di dover decidere se continuare a soffrire oppure suicidarsi, l’azione finale è della vittima e per il sadico-ossessivo non sarà difficile autoingannarsi riguardo la propria innocenza dal momento che anche per il contesto ciò è di difficile valutazione come per l’appunto nel mobbing.
Infatti il mobber, cioè colui che agisce il mobbing, utilizza una strategia fatta di piccole azioni che prese isolatamente sembrano innoque, in un condominio il mobber sceglierà una o più vittime e agendo in modo sistematico e continuativo le porterà all’esasperazione, ovviamente le vittime scelte non avranno alcun rapporto fra di loro e visto dai non coinvolti il mobber sembrerà al massimo un po’ strano ma decisamente innocuo; infatti il mobber di solito si atteggia a sempliciotto un po’ distratto, sa depistare chiunque con molta facilità e al massimo dopo molti anni, se messo alle strette simula qualche dissociazione e all’eventuale giudice non resta che affermare l’incapacità d’intendere e volere al momento del fatto, poi il sadico-ossessivo continua con la sua preferita attività far soffrire qualcuno senza che nessuno se ne accorga.
A mio parere di tali personalità patologiche se ne trovano in numero sempre maggiore, sanno mimetizzarsi molto bene ma basta prestare attenzione al contesto in cui vivono per rendersi conto dell’eccessiva tensione che caratterizza quel contesto, cioè possiamo più facilmente riconoscere un ambiente in cui opera un sadico ossessivo piuttosto che il sadico ossessivo stesso.
Le persone che vivono in una situazione in cui opera un sadico ossessivo è come se vivessero un po’ sospese, ostentano un’esagerata calma e si atteggiano come se mai fosse andato così bene, le conversazioni di carattere critico sono praticamente inesistenti ma soprattutto si nota una quasi totale assenza di humor.
Infatti potremmo definire il sadico ossessivo una specie di leader occulto, autoritario e pertanto così infantile da essere incapace esso stesso di humor ma anche molto abile nell’inibirlo nell’altro, infatti potremmo ritenere che l’humor è per il sadico ossessivo un “nemico” temibile in quanto svela ciò che è mascherato.
Carla Foletto
Pubblicato su http//it.wikiversity.org il 19/08/2007
Ultimamente stiamo assistendo ad un abbassamento del livello etico, intellettuale e organizzativo-operativo di coloro che hanno maggiore potere sociale, ma come fanno?
Le strategie principali si dividono essenzialmente in due tipi: strategie passive e strategie attive, alle prime appartiene per esempio la capacità di bloccare l’accesso alle risorse disponibili a un maggior numero possibile di persone, per esempio quando non si permette ai concorrenti la partecipazione dicendo: “scusa nemmeno io sapevo che c’era quell’incontro, è stato un disguido ci siamo capiti male ecc” al secondo tipo di strategie appartengono per esempio quelle denigratorie: sulla credibilità o capacità dei concorrenti. In questo modo anche la persona più stupida ed eticamente inconsistente riesce a prevalere su molti altri, non c’è bisogno di nessuna abilità critica o discriminativa etica intellettuale o organizzativa in genere è sufficente parlare male oppure bloccare ad oltranza.