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Distinguere la psicoterapia da altri interventi psicologici con la metafora del labirinto.

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Premesso che si parte da una impostazione prevalente è di tipo cognitivistico (il cognitivismo non va confuso con le scienze cognitive che sono tutt’altra cosa) per comprendere la differenza fra consulenza psicologica, sostegno psicologico e psicoterapia; immaginiamo di trovarci con il cliente in un labirinto, il labirinto è il problema che porta il cliente.

Abbiamo tre modi differenti di aiutare il cliente:

Consulenza: lo psicologo è come se vedesse dall’alto il labirinto e dice al cliente, gira a destra poi a sinistra e li trovi l’uscita, il cliente lo fa e risolve il suo problema. A volte il cliente ingenuo ed è convinto che le indicazioni dello psicologo si possano generalizzare e le applica ad altri “labirinti” esponendosi a ripetuti fallimenti o esponendo a ripetuti fallimenti le persone cui rivela la “magica” soluzione data dallo psicologo.

Sostegno: lo psicologo è come se fosse vicino al cliente, e poiché conosce tanti labirinti, tanti quanti ne ha potuto incontrare durante la sua esperienza professionale, assieme al cliente decide quale strada percorrere per arrivare all’uscita, e di solito ci mette meno tempo del cliente perché ha più esperienza. Il cliente ingenuo una volta trovata la soluzione si convince di avere la stessa esperienza dello psicologo, perché la soluzione l’hanno trovata assieme, e si avventura in altri labirinti anche più complessi esponendosi a molteplici fallimenti o esponendo altre persone verso cui si atteggia a counselor.

 

Psicoterapia: lo psicoterapeuta sviluppa nel cliente, rispettando il suo modo di vedere le cose, le abilità per riconoscere nei dettagli le indicazioni che vengono date dal labirinto stesso per trovare l’uscita, partendo dai dettagli più evidenti fino a quelli apparentemente più insignificanti ma non per questo meno importanti. Il cliente ingenuo è convinto che possano bastare i dettagli più evidenti, cioè di essere in grado di riconoscere tutti i dettagli anche dopo qualche mese dalla psicoterapia, così facendo si espone a fallimenti e invalida, con la sua sospensione della psicoterapia, il percorso psicoterapeutico fatto fino a quel momento, questo è l’errore di chi poi sostiene di non aver risolto nulla con la psicoterapia, ma se gli chiedete quante sedute ha saltato, ne avrà saltato parecchie. In questo caso di solito il cliente sottovaluta la necessità di continuità terapeutica . Inoltre  la lunghezza o brevità di una psicoterapia sono soggettive e non le può valutare il cliente stesso. Lo psicoterapeuta non può decidere a priori quanto debba durare una psicoterapia, se uno psicoterapeuta ha la pretesa di stabilire la durata di una psicoterapia probabilmente sta facendo sostegno psicologico e non psicoterapia.

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Gli ordini ballano sulla salute della gente ignorano la necessità di definire un “mercato” capace di generare reddito per gli psicologi e svendono la psicologia?

SchultzCon l’involuzione intellettuale prodotta dalla riforma universitaria del ministero “Moratti” (lauree triennali)e la degenerazione culturale prodotta dalle varie decretazioni del governo Monti (legittimazione dei counselor) che in qualche modo hanno coinvolto gli psicologi, da qualche anno si assiste a un proliferare di teorie psico qualcosa, sia di origine accademica che di origine individuale .

Dopo la riforma del 1989 la psicologia si trovava ad impegnarsi su un piano professionalizzante; negli anni ’90 la formazione accademica era molto impegnativa e vedeva per esempio in Università come Torino solo il 10% di studenti laurearsi rispetto gli immatricolati, senza che venisse istituito il numero chiuso.

A cosa serviva un iter di studio così complesso, impegnativo e approfondito dal punto di vista epistemico e così ampio nella trattazione di tutti gli orientamenti psicologici che si erano sviluppati nel ventesimo secolo? Di certo non serviva a scegliere l’orientamento più adatto allo studente, in quanto venivano presentati tutti gli orientamenti come validi e obbligavano lo studente ad integrare tutti gli approcci, pertanto i percorsi universitari degli anni ’90 fornivano “molteplicità d’approccio psicologico” e correttezza logica e scientifica nel comprendere ciascun aspetto, alla fine ne uscivano psicologi con una consistente formazione che però non trovavano un “mercato professionale” tutelato dall’Ordine degli psicologi che permettesse ai nuovi psicologi di generare reddito.

Quello che hanno trovato gli psicologi degli anni ’90 è stata una sempre più diffusa tendenza a continuare a generare reddito con i neo-laureati in psicologia, da parte di molteplici psico-formatori, attraverso scuole di specializzazione in psicoterapia, ed ora tramite corsi formativi obbligatori, di fatto le istituzioni ordinistiche hanno favorito e giustificato un mercato psicologico formativo, oneroso per i neopsicologi, e non tutelativo del mercato professionale degli psicologi, questa è solo una questione economica? A mio parere no.

L’Ordine degli Psicologi, procedendo su questa strada “auto-fagocitante” ha favorito il quintuplicarsi del numero degli psicologi italiani, fino a generare un numero pari a un terzio di tutti gli psicologi europei e un decimo di tutti gli psicologi mondiali, senza mai, a differenza di tutte le altre professioni, definire il “mercato professionale” degli psicologi, ed a oggi continuano a giustificare che: le competenze più pertinenti agli psicologi, vengano distribuite su altre professionalità sempre attraverso un florido mercato di corsi rapidi semplicistici offerti ai vari “psico-qualcosa” e molto spesso tenuti da altrettanto “psico-qualcosa” (senza una laurea in psicologia), fino ad arrivare a corsi universitari in psicologia tenuti da un 80% di “psico-qualcosa”.

Tutto questo genera qualche problema alla salute collettiva?

A mio parere si per esempio l’enfasi sulla questione “autostima” produce dei narcisisti, i narcisisti hanno bassa capacità empatica, pertanto sono inclini a comportamenti crudeli senza rendersene conto, e infatti abbiamo un aumento dell’aggressività sociale e un proliferare di fenomeni sadici: “mobbing”, “stalking”.., oppure certe modalità prescrittive in stile “comportamentistico”, denominate spesso in modo inadeguato “cognitivo-comportamentale”, queste esonerano il soggetto a riconoscere il processo causale e lo infantilizzano, vero se si ha obbedienza da parte del soggetto (chiamata inadeguatamente compliance) si ottengono risultati a breve termine, ma poi quali sono i costi dell’infantilizzazione che ne conseguono? Sono facili da immaginare: deresponsabilizzazione, dipendenza dalla prescrizione, e pertanto una certa tendenza alla sociopatia o quanto meno forte influenzabilità verso le strategie di marketing che sono seduttivo-prescrittive.

E la lista sarebbe molto lunga…

In conclusione, questa negligenza istituzionale, da parte dell’Ordine degli Psicologi, in termini di non definizione di un mercato professionale, sta molto probabilmente generando danni alla salute collettiva, in quanto permette che la professionalità psicologica sia estesa a persone (es medici, insegnanti, infermieri, counselor) che non hanno la competenza per esercitarla, in quanto non sono provvisti dell’iter formativo specifico: laurea in psicologia, tirocinio, esame di stato, specializzazione post laurea, in altre parole, definire l’iter formativo specifico dello psicologo, non è sufficiente se a ciò non segue un altrettanto seria definizione del “mercato psicologico”, mercato che vorrebbe se si segue la logica del buon senso, psicologi insegnare psicologia a degli psicologi e non chiunque insegnare psicologia a chiunque, se poi nascono fenomeni del tipo corsi contro l’ideologia del gender, non lamentiamoci, se poi chi li segue non sa riconoscere già nella nominazione “ideologia” qualcosa di ridicolo e illogico, io non penso che la psicologia debba essere ridotta a un “oggetto di vendita” proposto da chiunque su cui far convergere spot pubblicitari come quello sopra citato “ideologia del gender”, ritengo che le istituzioni abbiano grosse responsabilità in questo senso.

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La carica dei 101 mila psicologi e i troppi psico-qualcosa che gli fanno formazione.

Prima dell’istituzione dell’Ordine professionale degli psicologi 1989, in Italia si contavano 2 corsi universitari a: Padova e Roma.

All’inizio degli anni ’90 salivano almeno a 5: Padova, Roma, Torino, Milano, Bologna.

Oggi di corsi universitari in Psicologia ce ne sono almeno 39, dopo la Riforma Moratti che doveva adeguare i percorsi universitari alle esigenze del mercato, abbiamo visto il business formativo universitario di psicologi aumentare di 10 volte.

Di tutti questi laureati in psicologia solo una piccola parte si iscrive all’Ordine degli Psicologi con la speranza di poter esercitare la professione, per un totale di 95.000 nel 2015 che certamente ad oggi, 2016 avrà superato la quota di 100.000.

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L’affare formazione si è poi spostato anche alla formazione permanente (ECM obbligo formativo)

L’Ordine degli Psicologi, invece che tutelare la professione dello psicologo e impedire che un’enorme quantità di pseudopsicologi, faccia le stesse cose che fanno gli psicologi, è più preoccupato a controllare se l’obbligo formativo viene ottemperato da tutti gli psicologi, tramite agenzie apposite naturalmente costituite sempre dai non psicologi CoGeAps.

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Se state pensando che fare formazione è una delle opportunità per uno psicologo vi sbagliate, non solo nei vari costosissimi corsi di formazione ci sono tanti psico-qualcosa e rari psicologi, ma anche nei corsi di Laurea Magistrale in Psicologia per esempio due docenti su dieci hanno una laurea in psicologia, questo lo si scopre andando a cercare pazientemente nei loro curriculum, sui siti confusivi delle varie università.

Se per ottemperare all’obbligo formativo vi iscrivete a una di queste Lauree Magistrali in Psicologia, frequentando le lezioni vi accorgete subito che parlano di tutto tranne che di cose pertinenti alla psicologia o argomentate in modo congruente alla disciplina psicologica, una cozzaglia di informazioni inintelligibili, vi viene propinata con elegante trattazione, e poi capite il perchè… per esempio il corso denominato “SSD: PSICOLOGIA DINAMICA M-PSI/07, è tenuto da un filosofo, non iscritto all’Ordine degli Psicologi, ma dovrebbe essere un corso tenuto da uno psicologo – psicoterapeuta con esperienza di psicoterapia, semplicemente perché è più adatto a questo tipo di trattazione, o altro esempio: il corso denominato “SSD: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO E PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE M-PSI/04” (notare lo PSI che sta per psicologia) non è tenuto da uno psicologo dell’età evolutiva iscritto all’Ordine degli Psicologi e con esperienza in psicologia dell’età evolutiva, ma da una pedagogista.

Tutto questo vi sembra normale? In qualche corso di laurea in Medicina, Architettura, Ingegneria, o altro che preveda un Ordine professionale accade tutto questo?

No non accade, e non solo nei corsi di laurea professionalizzanti, per esempio nel programma di corso di laurea in Fisica, chi insegna matematica deve avere una laurea in matematica, ma CHI INSEGNA FISICA HA ALMENO UNA LAUREA IN FISICA oltre a varie pubblicazioni.

E sono certa che andando a verificare i titoli accademici di tutti i docenti di tutti i corsi di laurea in psicologia, si troverebbero molte altre assurdità.

Quindi a che punto siamo arrivati con questa grande apertura degli Ordini professionali degli psicologi alla psicovulgata e alla legittimazione di un esercito di “psicoqualcosa”? versus: la delegittimazione degli psicologi controllando l’ ottemperanza all’obbligo formativo?

Questi psico-qualcosa formano gli psicologi che potranno iscriversi all’Ordine professionale degli Psicologi, e a breve venderanno corsi di formazione continua agli psicologi iscritti all’Ordine che sono tenuti pertanto all’obbligo formativo.

Io mi auguro che davvero per le prossime elezioni ordinistiche vi sia una sorta di carica dei 101 mila psicologi che si ribella al fatto di essere considerati solo ed esclusivamente come opportunità di reddito da parte di una valanga melmosa di non psicologi.

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Validità dell’indagine dei neuroni specchio sugli uomini con fMRI.

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Spesso i teorici dei neuroni specchio utilizzano per validare la loro teoria, studi con risonanza magnetico funzionale fMRI (Functional Magnetic Resonance Imaging), tale sistema viene utilizzato con il tentativo di rafforzare e avvalorare la teoria dei neuroni specchio dopo le note sperimentazioni sui macachi.

In sintesi l’fMRI consiste nel sottoporre la persona a un forte campo magnetico statico, che causa l’allineamento degli spin dei protoni (cariche elettriche degli atomi), i quali si allineano parallelamente o antiparallelamente, questo perché gli spin protonici iniziano a ruotare sul proprio asse. Fornendo energia a livello atomico alla “stessa frequenza” (risonanza) otteniamo che dopo l’impulso dato, i protoni tenderanno a tornare allo stato iniziale (questa variazione è ciò che si rileva e interpreta).

Tramite una bobina si misura la magnetizzazione del piano perpendicolare, al campo magnetico principale, relativa un solo tipo di atomo, per esempio l’ossigeno, (ma si può fare anche per altri atomi, idrogeno, sodio, fosforo) poi tramite un software si traduce il segnale ricevuto in immagini che sono il risultato di “una media del fenomeno misurata in “x” tempo”.

Nel caso la misurazione riguardasse l’ossigeno avremmo come immagine visiva sul monitor, l’aumento o la diminuzione del flusso del sangue ossigenato, anche di piccoli vasi sanguinei (capillari) per il prevalere dell’atomo di ossigeno legato all’emoglobina (più ossigeno più attività rilevata), ma è chiaro che l’ossigeno è un componente molecolare anche di altri tessuti diversi dal sangue.

L’assunto è che dove viene richiamato più ossigeno dev’esserci una maggiore attività neuronale, quindi dove c’è più flusso sanguineo c’è più attività “elettro-neuronale”(potenziale d’azione), quindi più attività cognitiva specifica, assunto discutibile.

In realtà il sangue ossigenato, viene richiamato anche per altri motivi, infiammazione, riparazione dei tessuti, crescita neuronale e in tutti i processi metabolici in genere (sintesi proteica, formazione o liberazione dell’energia cellulare) quindi non solo in caso di attivazione neuronale (potenziale d’azione).

Anche si rilevasse la “magnetizzazione” di altri atomi, sempre di misurazione indiretta si tratta, quindi questo non ci dice nulla della specifica attività del neurone: depolarizzazione? Metabolismo? Plasticità neuronale?

E poi a quale fine? Quello di inventare una mappa di funzioni cerebrali per tornare a una sorta di frenologia ottocentesca? E’ questo in modo da far credere di aver dimostrato la localizzazione dei neuroni specchio, e la loro funzione specifica magari una sorta di attivazione dell’empatia in area F5?

Ma com’è possibile tutto questo se ad oggi il modello teorico più sostenibile, di interpretazione del funzionamento neurale, è quello dei “circuiti/reti neurali”?

Perché tornare ancora alla vecchia idea delle aree specifiche per determinate specifiche funzioni, solo per affermare la teoria dei neuroni specchio in modo frenologico?

Molto più semplicemente, il fenomeno osservato chiamato “neuroni specchioriguarda una già nota “polifunzionalità” neuronale, che di per sé spiega come non si possa intendere il funzionamento del cervello in termini di “specifiche aree= specifiche funzioni”, ma solo in termini di “circuiti neuronali” attivanti o disattivanti il propagarsi dell’impulso neuronale, senza alcuna specificità anatomica o biochimica, per quanto riguarda la correlazione ideativo-funzionale , in altre parole né il “il pensiero” né l’attività emotiva, né l’attività affettiva (empatia), hanno una qualche attivazione di una qualche specifica area.

Diverso è il funzionamento neuro-vegetativo, ormonale, immunologico, che non va confuso con il funzionamento ideico-affettivo-emotivo, pur avendo indubbie influenze reciproche.

Inoltre non va sottovalutato che la rilevazione dei segnali fMRI, non è accurata quanto dovrebbe per misurare dei tempi di variazione in millesimi di nanosecondi, che sono i tempi di trasmissione dell’impulso nervoso.

Sono stati dimostrati anche non validi (falsificabilità) e non attendibili, la maggior parte dei modelli teorici su cui si basa la risonanza magnetica funzionale, a causa della sua enorme imprecisione.

Quindi se già il metodo utilizzato sui macachi da: Rizzolati, Gallese, Fogassi e il gruppo di ricercatori pro “neuroni specchio” di Parma, ha dubbia scientificità a causa della sua eccessiva invasività e imprecisione, come è possibile dimostrare la validità degli assunti circa la teoria dei neuroni specchio, attraverso la fRMI sugli uomini, tecnica d’indagine non adeguata per rilevare l’attività neuronale di specifiche funzioni.

L’errore epistemico di fondo è sempre lo stesso: costruire o validare teorie in base allo strumento utilizzato, la fRMI mi rileva solo aree a maggiore concentrazione di un atomo (spin protonici), ma non rileva l’attivazione prodotta dai collegamenti dei neuroni fra loro (potenziali d’azione).

Metaforicamente è come se avessi uno strumento che mi fa una foto satellitare di laghi e mari sulla crosta terrestre, e questo mi portasse a una teoria di “autoproduzione locale di acqua” per spiegarne la formazione, ignorando, i corsi d’acqua che li collegano, gli eventi climatici (pioggia), la forza di gravità…, solo perché la foto satellitare non li può rilevare.

L’fRMI resta di indubbia validità per rilevare l’estensione o meno di alcuni gravi processi neuropatologici, per esempio l’estensione di una emorragia, l’estensione di una necrosi dovuta all’occlusione di un vaso, il riassorbimento o meno di liquidi dovuti a processi infiammatori e controllarne il processo di guarigione.

Concludendo la pretesa di poter validare la teoria dei neuroni specchio attraverso studi condotti sugli uomini con risonanza magnetica è senza dubbio senza fondamento.

P.s. L’obiettivo di questo blog è di tipo divulgativo pertanto i termini scientifici non sempre sono appropriati in quanto adattati alla comprensibilità di tutti (spero).

8 luglio 2016 fMRI, 15 anni di ricerche sul cervello da rifare
Un errore nei software usati per gli studi di risonanza magnetica funzionale potrebbe invalidare qualcosa come 40.000 articoli scientifici che si basano su questa tecnica di imaging.

http://www.focus.it/comportamento/psicologia/15-anni-di-ricerche-sul-cervello-da-rifare

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Le fonti del sapere e le origini delle dittature.

Questo articolo non ha nessuna pretesa di essere ne esaustivo ne scientifico, sono semplicemente delle riflessioni personali che desidero condividere.

Parto da una mia deduzione personale: il sapere e la cultura come oggi la vediamo c’è sempre stata, magari in “forme embrionali” o “potenziali” ma la struttura cognitiva di fondo è sempre stata presente nel genere umano. (asserzione supposta non dimostrabile).

Pertanto, pensano un po’ a quello che abbiamo studiato sui libri di storia, nel primo millennio possiamo individuare sostanzialmente 6 categorie di sapere, in cui si suddividono le persone dell’attuale popolazione mondiale:

CONTADINI si basano sull’osservazione della natura nel tempo e traggono da questo la conoscenza utile per poter coltivare e produrre alimenti. Da loro derivano gli attuali biologi, fisici, medici (neuropsicoscienziati), e tutte le scienze che richiedono una buona capacità osservativa-naturistica.

COSTRUTTORI sanno comprendere le proprietà dei materiali e utilizzarle per inventare artefatti come abitazioni, ponti, città, automobili eccetera. Da loro derivano gli attuali artigiani, ingegneri, e imprenditori, artisti ecc.

GUERRIERI CONQUISTATORI sanno conquistare terre e risorse che serviranno alla collettività d’appartenenza,  non sanno produrre ne osservare ma sanno canalizzare la loro forte aggressività per conquistare ciò che non appartiene  e per darlo alla collettività d’appartenenza in cambio di un “riconoscimento glorioso”. Da loro derivano gli attuali economisti, o un certo tipo di commercio e impresa molto aggressiva, che in un certo senso fa terra bruciata attorno a se, ma questo permette di sopravvivere alla comunità d’appartenenza in espansione demografica.

GUERRIERI DIFENSORI sanno difendere i luoghi e i territori della collettività d’appartenenza. Sono i diplomatici politici e  l’attuale forza militare di ogni paese.

FILOSOFI E MONACI sanno indagare oltre il tempo e lo spazio e scoprono realtà immateriali che hanno valori intramontabili. Da loro dovrebbero derivare gli attuali capi religiosi e politici. (psicologi, giuristi, artisti…..)

SERVI o collaboratori, persone che sanno trattare le proprietà altrui come se fossero proprie, sarebbero gli attuali amministratori, e non vanno confusi con gli economisti. L’amministratore accetta il valore che è stato attribuito a un bene e non lo modifica nel tempo, mentre l’economista accetta apparentemente un valore attribuito per poi deprezzarlo nel tempo in modo da averne un proprio vantaggio, oppure aumenta il valore di un bene diventato suo con un valore inferiore, l’economista appartiene alla categoria del “guerriero conquistatore” cui fa parte attualmente anche un certo modo di fare politica.

 

Premesso, in sintesi, ciò: possiamo dedurre che attualmente la grossa parte di potere sociale è “nelle mani” dei “guerrieri conquistatori” infatti quantificando l’influenza che deriva dall’esercizio delle attività economiche, commerciali aggressive, o imprenditoriali aggressive (es distruzione dell’ambiente) possiamo constatare l’enorme influenza di questa categoria di persone.

(Per esempio la popolazione cinese (in espansione demografica) ha ceduto al proprio interno potere sociale ai propri “guerrieri conquistatori” sbilanciando le attività verso un sistema economico aggressivo  (commercio e imprenditoria molto aggressive, nel senso che sono incuranti dei diritti umani) Da sempre le popolazioni hanno avuto bisogno di conquistare nuove terre quando si espandevano demograficamente, questo per poter assicurare risorse sufficienti alla popolazione. )

Detto questo, poiché un regime è caratterizzato da un eccessivo potere acquisito dal sistema militare (come ci raccontano i libri di storia), e quindi dagli attuali guerrieri conquistatori, (anche se non sono più armati, ma lo stile cognitivo è identico a quello dei “guerrieri conquistatori” di secoli fa), detto ciò per l’appunto oggi  , si può concludere che con ogni probabilità siamo in un regime pre-dittatoriale se non dittatoriale, a livello internazionale.

Ne consegue che per controbilanciare un tale avanzamento di regime il rimanente 83,4% (se alle 6 categorie diamo un valore del 16,6% ovvero un sesto) dovrebbe iniziare a mettere in atto una sorta di resistenza se vuole garantire alle generazioni future un’amministrazione politica libera e democratica.

 

(se volete approfondire mettete i vostri commenti qui sotto, appena mi sarà possibile risponderò a ogni vostra domanda, per cortesia astenersi da provocazioni e polemiche)

 

 

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