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Habit theory, frammenti in itinere.

Tornando sulla teoria dell’abitabilità energetica, partendo dalle ipotesi che: tempo e spazio siano rappresentazioni della “mente” e che in realtà non esistano, continuiamo con la nostra ipotesi che dopo la cosi detta “morte fisica” i “pacchetti energetici” di cui siamo costituiti mantengano una sorta di “identità energetica” ovvero la “persona” continua a permanere in altre dimensioni energetiche immateriali, quindi senza poter dimostrare nulla semplicemente optiamo per una scelta: l’energia ha una identità quindi una “soggettività” e questa permane nei processi di “cambiamento” dell’organizzazione energetica.

A questo punto dobbiamo prendere in considerazione il punto di vista religioso che afferma la stessa cosa: il soggetto dopo la morte continua ad esistere con la sua soggettività.

Se partiamo dall’idea che esista una soggettività, nella mia teoria allargata a animali, piante ecc…,(magari anche extraterrestri) ne consegue che esista una “libertà soggettiva”, ovvero la possibilità di scegliere verso una organizzazione energetica o un’altra (detto in altri ambiti anche: comportamento o libero arbitrio), pertanto la soggettività implica in sé la volontà.

Da ciò ne consegue una responsabilità soggettiva che nelle religioni è definita: colpa, karma…., a questo punto tale responsabilità soggettiva ci sarebbe solo nell’organizzazione energetica materiale (cosi detta durante la vita terrena) o anche in quella immateriale?

Le religioni si dividono sostanzialmente su tre fronti:

marcatamente regolamentative, quindi minima responsabilità ovvero solo la responsabilità di seguire o meno quanto indicato nei cosi detti testi sacri per esempio islamismo .
meno regolamentative e più orientate ad una antropizzazione divina e alla possibilità di accordarsi o contrattare con Dio, una qualche forma di perdono e possibilità di ricominciare da capo: per esempio cattolicesimo ed ebraismo.
Responsabilitative, ovvero “la colpa” ricadrebbe sul soggetto il quale o deve fare qualcosa per ripristinare un “organizzazione energetica” in modo riparativo e etico oppure “il destino” o karma gli permetterà di capire i suoi sbagli. Per esempio buddismo o altre interpretazioni del cristianesimo che non siano cattoliche.
Nella teoria abitazionale si opta per il punto c) in quanto è quello che meglio permette di sostenere l’ipotesi di una soggettività energetica permanente, e si sceglie senza poter dimostrare nulla, che tale responsabilità soggettiva, permane anche nelle dimensioni immateriali, ovvero il cosi detto libero arbitrio potrebbe esistere anche dopo la morte, in forma differente ovvero nelle altre dimensioni, cioè in quelle immateriali, mentre si estinguerebbe nella sola dimensione materiale.

Chiaro da questo ne derivano una serie di argomentazioni e affermazioni che si discostano sia dal punto di vista della scienza empirica occidentale sia dal punto di vista delle varie religioni, escluse alcune forme di buddismo che in realtà ipotizzano qualcosa del genere, ovvero che chi si libera dal karma possa intervenire nella dimensione materiale, ma nell’ottica buddista solo se ha raggiunto la cosi detta perfezione.

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Sull’illusione dello spazio

Continuando con la mia teoria “Habit theory” descritta in vari spazi web, in parte anche in questo blog vorrei affrontare la mia ipotesi che non solo il tempo è illusione ma anche lo spazio.

Nell’espressione identitaria energetica, che permane anche dopo la morte fisica del corpo, ipotizzo che il tempo in sè non esiste è solo l’elaborazione “psichica” del “movimento” energetico, ovvero esiste il movimento di energia, per esempio la rotazione della terra attorno al sole, che ogni identità energetica (umani, animali, vegetali ecc..) si rappresenta “psichicamente” come tempo. Questa rappresentazione è possibile in quanto l’espressione identitaria nei diversi insiemi (fisico/tangibile, mentale, spirituale..) in cui esistono le unità energetiche comunicanti e collegate fra loro e costituiscono identità energetiche anch’esse comunicanti fra loro, modifica la propria espressione energetica, ovvero viene percepito il cambiamento da uno stato all’altro (organizzazione energetica) ed è questo “cambiamento” che genera la rappresentazione del tempo.

Anche lo spazio, a mio parere, è una rappresentazione “psichica”, è possibile spiegare questo con una metafora: se ascoltiamo una musica le note possono essere più alte o più basse (frequenza maggiore o minore) possiamo rappresentarci le note su uno spartito musicale e assegnare alle note più intense (maggiore frequenza) una collocazione visivamente più in alto e a quelle di minore frequenza una collocazione visivamente più in basso dello spartito. Tale collocazione è solo una trasformazione psichica da un codice uditivo a un codice visivo: in altre parole diamo una spazialità al suono, se ascoltiamo una melodia possiamo visualizzare la collocazione spaziale delle note sullo spartito, anche se il suono non ha una spazialità. Nello stesso modo le unità energetiche possono assumere maggiore o minore intensità energetica (parlando dell’insieme tangibile/concreto) e la nostra “identità energetica” costruisce una collocazione spaziale che in realtà non esiste come non esiste il tempo ma abbiamo bisogno di considerarla come esistente in quanto essa stessa riferimento necessario, per poter modulare “il movimento-cambiamento” nell’insieme delle unità energetiche tangibili-sensoriali-concrete (pseudo concrete).

Quindi il passaggio cosi detto vita morte è una migrazione delle unità energetiche negli insiemi mentale/affettivo-spirituale il cui aumento dell’intensità energetica è relativo alla qualità intellettuale-spirituale, mentre nell’insieme “biologico-tangibile” è relativo alla rappresentazione collocativa dei riferimenti spazio-temporali che in realtà sono costruzioni necessarie ma non esistono.

Un esempio di realtà psichica e affettivo spirituale, senza spazio e tempo, possiamo sperimentarlo con l’attività onirica, penso che questo “stato” aspaziale e atemporale permanga dopo la morte, e poiché non esisterebbe spazio e tempo il “numero” delle identità energetiche potrebbe essere infinito, in altri termini il concetto di numerabilità in una realtà ipoteticamente senza spazio e senza tempo non ha senso.

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Distinguere la psicoterapia da altri interventi psicologici con la metafora del labirinto.

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Premesso che si parte da una impostazione prevalente è di tipo cognitivistico (il cognitivismo non va confuso con le scienze cognitive che sono tutt’altra cosa) per comprendere la differenza fra consulenza psicologica, sostegno psicologico e psicoterapia; immaginiamo di trovarci con il cliente in un labirinto, il labirinto è il problema che porta il cliente.

Abbiamo tre modi differenti di aiutare il cliente:

Consulenza: lo psicologo è come se vedesse dall’alto il labirinto e dice al cliente, gira a destra poi a sinistra e li trovi l’uscita, il cliente lo fa e risolve il suo problema. A volte il cliente ingenuo ed è convinto che le indicazioni dello psicologo si possano generalizzare e le applica ad altri “labirinti” esponendosi a ripetuti fallimenti o esponendo a ripetuti fallimenti le persone cui rivela la “magica” soluzione data dallo psicologo.

Sostegno: lo psicologo è come se fosse vicino al cliente, e poiché conosce tanti labirinti, tanti quanti ne ha potuto incontrare durante la sua esperienza professionale, assieme al cliente decide quale strada percorrere per arrivare all’uscita, e di solito ci mette meno tempo del cliente perché ha più esperienza. Il cliente ingenuo una volta trovata la soluzione si convince di avere la stessa esperienza dello psicologo, perché la soluzione l’hanno trovata assieme, e si avventura in altri labirinti anche più complessi esponendosi a molteplici fallimenti o esponendo altre persone verso cui si atteggia a counselor.

 

Psicoterapia: lo psicoterapeuta sviluppa nel cliente, rispettando il suo modo di vedere le cose, le abilità per riconoscere nei dettagli le indicazioni che vengono date dal labirinto stesso per trovare l’uscita, partendo dai dettagli più evidenti fino a quelli apparentemente più insignificanti ma non per questo meno importanti. Il cliente ingenuo è convinto che possano bastare i dettagli più evidenti, cioè di essere in grado di riconoscere tutti i dettagli anche dopo qualche mese dalla psicoterapia, così facendo si espone a fallimenti e invalida, con la sua sospensione della psicoterapia, il percorso psicoterapeutico fatto fino a quel momento, questo è l’errore di chi poi sostiene di non aver risolto nulla con la psicoterapia, ma se gli chiedete quante sedute ha saltato, ne avrà saltato parecchie. In questo caso di solito il cliente sottovaluta la necessità di continuità terapeutica . Inoltre  la lunghezza o brevità di una psicoterapia sono soggettive e non le può valutare il cliente stesso. Lo psicoterapeuta non può decidere a priori quanto debba durare una psicoterapia, se uno psicoterapeuta ha la pretesa di stabilire la durata di una psicoterapia probabilmente sta facendo sostegno psicologico e non psicoterapia.

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Religere la scienza, riduzionismo scientifico: la nuova alternativa alle religioni monoteiste. Clinici versus ricercatori

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Cercherò di essere il più breve e sintetica possibile; riguardo questo articolo scientifico

http://journal.frontiersin.org/article/10.3389/fnhum.2016.00379/full#B51 la prima perplessità che vorrei evidenziare, è la “modalità tomistica” di introdurre l’argomento; nella sua Somma Teologica, S Tommaso utilizzava questo metodo per convincere le persone dell’esistenza di Dio (parte sulla fede) , assumendo come premessa che poteva dimostrare l’esistenza di Dio, per poi dimostrarla portando citazioni decontestualizzate, di cristiani autorevoli, quali: S. Agostino e altri Padri della Chiesa, che accostate fra loro creavano la forma ideica voluta da S. Tommaso: Dio esiste e la Chiesa Romana detiene l’autorità.

Nello stesso modo in questo articolo vengono citati Kane, Crave, Hurt, Sass, Parnas, Jaspers, Feri, Morgan… per asserire che lo schizofrenico non è centrato perché non ha chiaro il senso di se stesso dal punto di vista corporeo, ovvio questa premessa è fondamentale per dire che non avendo chiaro il senso del sé corporeo: l’accuratezza nell’interocezione nello schizofrenico non può che essere bassa in particolare quando inizia ad avere sintomi di grandiosità, da questa premessa l’idea che i neuroni polifunzionali dell’area F5, chiamati specchio, siano coinvolti nella schizofrenia il passo è breve, ma allora che differenza c’è con l’approccio tomistico: “i neuroni specchio esistono” / “l’Università di Parma detiene l’autorità”?

E poi, proseguendo con la critica verso l’articolo, come viene misurata questa accuratezza?

Il campione è costituito da 17 maschi preumibilmente schizofrenici, sotto i 40 anni trattati con clorpromazina (antidopaminico) e 20 maschi sempre sotto i 40 anni presumibilmente sani. I ricercatori hanno registrato il battito cardiaco e a intervalli e hanno chiesto ai soggetti del campione di riferire il numero di battiti del proprio battito cardiaco, i 17 pazienti schizofrenici maschi, si sbaglierebbero più spesso rispetto i 20 maschi sani, in particolare quando manifestano senso di grandiosità: che si riferirebbe a un “auto-opinione esagerata, convinzioni irrealistiche di superiorità, tra cui deliri di abilità straordinarie, ricchezza, conoscenza, fama, potere, e la rettitudine morale”.

Scusate l’ironia ma a giudicare dai post di facebook siamo circondati da schizofrenici…

I ricercatori riferiscono anche che la precisione interocettiva sembrava essere compromessa in diversi disturbi psichiatrici, come l’anoressia nervosa, depressione maggiore, disturbi depersonalizzazione-derealizzazione, e disturbi d’ansia, tutti disturbi che da clinica mi sembrano riconducibili a modalità relazionali aggressive generatrici di emozioni difensive come la paura.

Inoltre sui dati ottenuti di 17 pazienti i ricercatori hanno fatto sofisticati calcoli statistici trovando in un campione così esiguo una differenza significativa nei pazienti schizofrenici, quindi non un centinaio di pazienti che casualmente costituiscono il campione, ma 17 pazienti omogenei per età e sesso!

I ricercatori sostengono che la clorpromazina non interferisce nell’accuratezza dell’interocezione (capacità di dire il numero esatto di battiti cardiaci contati fino a quel momento) ma non ci dicono su cosa basano questa loro affermazione dal momento che a chiunque verrebbe questo dubbio: inibendo i recettori D2 vengono inibiti di certo i recettori della corteccia somatosensoriale e motoria, non a caso questo tipo di trattamento psicofarmacologico con clorpromazina, se prolungato produce discinesie . I recettori dopaminici sono presenti ovunque, se vengono inibiti questo da luogo a una diminuzione delle sinapsi dopaminergiche quindi la rete neuronale che rappresenta il se corporeo va incontro a una riduzione di collegamenti, sarebbe interessante che i ricercatori svelassero il mistero secondo cui assumere degli inibitori della dopamina non influenzerebbero l’accuratezza dell’interocezione.

Ora da clinica, vorrei far notare, che a mio parere il problema principale, dei disturbi psichici è riconducibile all’incapacità dell’organismo di fermarsi a seguito di una attivazione: aurosal, determinata da una serie di interpretazioni psichiche sulla nocività di “stimoli” esterni, che normalmente generano l’emozione della paura.

Per quale motivo l’organismo vada in “sovraccarico” di catcolamine: tirosina, noradrenalina, adrenalina, dopamina, a volte senza riuscire a fermarsi, non è chiaro a nessuno, dal momento che questo compromette la capacità di organizzarsi in comportamenti efficaci per difendersi da eventuale aggressività ambientale, presunta o reale.

Di certo ancora non si è visto il “sadismo” entrare fra le psicopatologie riconosciute dagli psichiatri: DSMV, e lungi, da parte mia, dal pensare che i matti siano solo vittime, a volte sono loro stessi aggressori a cui è andata peggio.

In conclusione una minor accuratezza nell’interocezione, ammesso che ci sia, e che non sia casuale vista l’esiguità e omogeneità del campione patologico, può essere riconducibile a un aumento di emozioni negative come la paura, sarebbe interessante misurare questo aspetto in situazioni fortemente emotigene; che negli schizofrenici l’arousal sia cronicamente alto non è una novità, ma questo ci parla più di un mondo fatto di vittime e carnefici piuttosto che di psicopatologie la cui base possa essere genetica o anatomica, l’approccio riduzionista che afferma una sorta di fissità biologica, vuole ignorare l’evidente dinamica bio-psico-ambientale, nel tentativo di poter controllare ogni cosa forse come farebbe un “ossessivo-compulsivo”.

Riguardo l’eventuale fenomeno di una presumibile relazione fra grandiosità e accuratezza nell’interocezione, questo è ben noto in situazioni belliche dove l’emozione della paura di poter essere uccisi dal nemico, viene superata da idee di grandiosità, o: fenomeno sotto gli occhi di tutti, quello del fondamentalismo islamico che addestra i suoi martiri con idee di superiorità di ogni genere, quindi questo piccolo dato semplicemente conferma la relazione fra “comportamento disorganizzato” e elevata intensità emotiva della paura.

 

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Gli ordini ballano sulla salute della gente ignorano la necessità di definire un “mercato” capace di generare reddito per gli psicologi e svendono la psicologia?

SchultzCon l’involuzione intellettuale prodotta dalla riforma universitaria del ministero “Moratti” (lauree triennali)e la degenerazione culturale prodotta dalle varie decretazioni del governo Monti (legittimazione dei counselor) che in qualche modo hanno coinvolto gli psicologi, da qualche anno si assiste a un proliferare di teorie psico qualcosa, sia di origine accademica che di origine individuale .

Dopo la riforma del 1989 la psicologia si trovava ad impegnarsi su un piano professionalizzante; negli anni ’90 la formazione accademica era molto impegnativa e vedeva per esempio in Università come Torino solo il 10% di studenti laurearsi rispetto gli immatricolati, senza che venisse istituito il numero chiuso.

A cosa serviva un iter di studio così complesso, impegnativo e approfondito dal punto di vista epistemico e così ampio nella trattazione di tutti gli orientamenti psicologici che si erano sviluppati nel ventesimo secolo? Di certo non serviva a scegliere l’orientamento più adatto allo studente, in quanto venivano presentati tutti gli orientamenti come validi e obbligavano lo studente ad integrare tutti gli approcci, pertanto i percorsi universitari degli anni ’90 fornivano “molteplicità d’approccio psicologico” e correttezza logica e scientifica nel comprendere ciascun aspetto, alla fine ne uscivano psicologi con una consistente formazione che però non trovavano un “mercato professionale” tutelato dall’Ordine degli psicologi che permettesse ai nuovi psicologi di generare reddito.

Quello che hanno trovato gli psicologi degli anni ’90 è stata una sempre più diffusa tendenza a continuare a generare reddito con i neo-laureati in psicologia, da parte di molteplici psico-formatori, attraverso scuole di specializzazione in psicoterapia, ed ora tramite corsi formativi obbligatori, di fatto le istituzioni ordinistiche hanno favorito e giustificato un mercato psicologico formativo, oneroso per i neopsicologi, e non tutelativo del mercato professionale degli psicologi, questa è solo una questione economica? A mio parere no.

L’Ordine degli Psicologi, procedendo su questa strada “auto-fagocitante” ha favorito il quintuplicarsi del numero degli psicologi italiani, fino a generare un numero pari a un terzio di tutti gli psicologi europei e un decimo di tutti gli psicologi mondiali, senza mai, a differenza di tutte le altre professioni, definire il “mercato professionale” degli psicologi, ed a oggi continuano a giustificare che: le competenze più pertinenti agli psicologi, vengano distribuite su altre professionalità sempre attraverso un florido mercato di corsi rapidi semplicistici offerti ai vari “psico-qualcosa” e molto spesso tenuti da altrettanto “psico-qualcosa” (senza una laurea in psicologia), fino ad arrivare a corsi universitari in psicologia tenuti da un 80% di “psico-qualcosa”.

Tutto questo genera qualche problema alla salute collettiva?

A mio parere si per esempio l’enfasi sulla questione “autostima” produce dei narcisisti, i narcisisti hanno bassa capacità empatica, pertanto sono inclini a comportamenti crudeli senza rendersene conto, e infatti abbiamo un aumento dell’aggressività sociale e un proliferare di fenomeni sadici: “mobbing”, “stalking”.., oppure certe modalità prescrittive in stile “comportamentistico”, denominate spesso in modo inadeguato “cognitivo-comportamentale”, queste esonerano il soggetto a riconoscere il processo causale e lo infantilizzano, vero se si ha obbedienza da parte del soggetto (chiamata inadeguatamente compliance) si ottengono risultati a breve termine, ma poi quali sono i costi dell’infantilizzazione che ne conseguono? Sono facili da immaginare: deresponsabilizzazione, dipendenza dalla prescrizione, e pertanto una certa tendenza alla sociopatia o quanto meno forte influenzabilità verso le strategie di marketing che sono seduttivo-prescrittive.

E la lista sarebbe molto lunga…

In conclusione, questa negligenza istituzionale, da parte dell’Ordine degli Psicologi, in termini di non definizione di un mercato professionale, sta molto probabilmente generando danni alla salute collettiva, in quanto permette che la professionalità psicologica sia estesa a persone (es medici, insegnanti, infermieri, counselor) che non hanno la competenza per esercitarla, in quanto non sono provvisti dell’iter formativo specifico: laurea in psicologia, tirocinio, esame di stato, specializzazione post laurea, in altre parole, definire l’iter formativo specifico dello psicologo, non è sufficiente se a ciò non segue un altrettanto seria definizione del “mercato psicologico”, mercato che vorrebbe se si segue la logica del buon senso, psicologi insegnare psicologia a degli psicologi e non chiunque insegnare psicologia a chiunque, se poi nascono fenomeni del tipo corsi contro l’ideologia del gender, non lamentiamoci, se poi chi li segue non sa riconoscere già nella nominazione “ideologia” qualcosa di ridicolo e illogico, io non penso che la psicologia debba essere ridotta a un “oggetto di vendita” proposto da chiunque su cui far convergere spot pubblicitari come quello sopra citato “ideologia del gender”, ritengo che le istituzioni abbiano grosse responsabilità in questo senso.

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Sulla bufala della dipendenza da psicoterapia

dopamina-it-000La dipendenza è una condizione psichica in stretta relazione con il circuito della gratificazione, il quale è la parte del cervello che ci fa sentire bene. Quando ci sentiamo bene per qualsiasi motivo, il circuito cerebrale della ricompensa è attivato.

Esso comprende diverse parti del cervello ed è costituito da un insieme di neuroni che rilasciano dopamina, un importante neurotrasmettitore.

Nel momento in cui questi neuroni rilasciano dopamina, la persona prova piacere e vengono attivati da uno stimolo di piacere o di ricompensa, es. cibo, acqua, sesso, innamoramento, vincita a un gioco d’azzardo, oppure da sostanze come la cocaina, e psicofarmaci che alterano direttamente o indirettamente la biochimica di questo circuito.

L’abitudine, invece è un comportamento ripetuto, stabile nel tempo, ricorrente, che non produce piacere, e non da dipendenza.

Per esempio:

  1. a) se una persona è abituata a mangiare prima la verdura, poi la pasta e alla fine la frutta, se per un mese non trova frutta, e può mangiare solo verdura e pasta, non prova nessuna spiacevolezza psichica, e non ha nessuna dipendenza da verdura, pasta, frutta. Questa è abitudine non dipendenza. Anche andare a scuola tutti i giorni è un’abitudine ma studiare in sé non da dipendenza.
  2. b) Se una persona tutte le volte che è frustrata in modo pulsionale ingoia 10 barrette di cioccolato e dopo averlo fatto prova piacere, questo è un comportamento gratificante che produce piacere e quindi dipendenza. Questa è una ricompensa gratificante prodotta da uno stimolo di piacere: cioccolata. Anche assumere droghe da piacere e questo da dipendenza.
  3. c) Se una persona non mangia per tre giorni e sente una sensazione fisica spiacevole di fame, è perché non ha soddisfatto il bisogno di nutrirsi. Questo è un bisogno fisiologico. Anche dormire è un bisogno da soddisfare, anche liberarsi dalla paura è un bisogno psichico da soddisfare, e non è dipendenza.

Ultimamente sento persone convinte che la psicoterapia dia dipendenza, ma tale convinzione può derivare solo da una profonda ignoranza riguardo la psicoterapia, o dall’influenza di un ben mascherato marketing sugli psicofarmaci che hanno i loro principali concorrenti negli psicoterapeuti.

Ora sia chiaro che seguire una psicoterapia, non è come fare sesso, mangiare cioccolata, o assumere cocaina o psicofarmaci, il piacere della psicoterapia è dato dalla risoluzione di una tensione emotiva, affettiva, del pensiero, quindi è il soddisfacimento di un bisogno, per esempio mangiare, la psicoterapia non un’abitudine o un piacere che da dipendenza.

La modalità psicoterapeutica, ricorrente, settimanale, stesso orario, è una modalità di stabilità relazionale necessaria per poter lavorare su processi psichici, in quanto si tratta di qualcosa di intangibile che necessita di un riferimento tangibile: il tempo, chi scambia questo per un’abitudine o immagina che ci sia un qualche tentativo di creare dipendenza, esprime una profonda ignoranza sulla natura della psicoterapia e null’altro.

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L’ipotesi specchio non può riguardare l’empatia.

Ultimamente la moda sui neuroni specchio li vede implicati ovunque, confondendo i vari piani psichici e i processi da cui sono attivati, l’ultima vorrebbe che i neuroni specchio siano coinvolti nell’empatia, ma il processo è totalmente differente anche se non è escluso che i neuroni dell’area F5, in cui sarebbero presenti i neuroni specchio, si attivino in quanto neuroni aspecifici e polifunzionali.

A mio parere il primo errore viene fatto dagli sperimentatori in quando sovrappongono l’elemento neuro-attivante oggetto/soggetto.

Riassumendo il fenomeno osservato si ha sia quando il macaco mangia (attivazione F5), sia quando il macaco vede mangiare un altro macaco, ma l’area F5 sarebbe attivata dall’oggetto: nocciolina, o dalla vista del soggetto che mangia la nocciolina? Ovviamente qui trascendiamo l’analisi del setting predisponente: laboratorio sperimentale, totalmente avulso dall’ambiente naturale in cui dovrebbero vivere i macachi.

Nel suo ultimo libro uno degli sperimentatori sostiene che i neuroni specchio sono da considerarsi i “neuroni dell’empatia”, quindi opta per una delle due interpretazioni, l’area F5 sarebbe attivata non dall’oggetto “nocciolina” in mano al macaco, ma dall’osservazione: “soggetto macaco” che mangia la nocciolina, pertanto presunta identificazione.

In altre parole se uno entra in un ristorante è più facile che si identifichi con le persone che stanno mangiando piuttosto che venga attratto dal cibo che le persone stanno mangiando.

Al momento questo non è dimostrabile, non possiamo stabilire se se l’area F5 si attiverebbe dalla nocciolina in mano al macaco o dall’osservazione dell’atto motorio “mangiare la nocciolina”.

1-7Sulla rete web sta circolando un episodio che si è verificato spontaneamente in ambiente urbano, in India, una scimmia rhesus, ha salvato un cucciolo di cane dall’attacco di un branco di cani, per poi prendersene cura e in un certo senso adottarlo: http://blog.pianetadonna.it/amotuttiglianimali/scimmia-impietosita-un-cucciolo-randagio-lo-adotta-avergli-salvato-la-vita/

2-7Non è una caso raro altri comportamenti altruistici di animali verso altre specie di animali si sono verificati con una certa frequenza.

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Una collega mi ha fatto notare come in questo caso l’empatia non fosse intraspecifica e infatti è più probabile che l’empatia sia collegata allo sviluppo di un proprio codice etico piuttosto che attivata da una identificazione automatica nei confronti dell’altro.

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Pertanto è altamente improbabile che la scimmia possa identificarsi nel cucciolo di cane, specie completamente diversa, è più probabile che sia mossa da una suo “codice etico” che la spinge a salvare il cucciolo nonostante il pericolo di essere sbranata dal branco di cani, che sta correndo.

In psicologia si presume che i due livelli di sviluppo presumibilmente implicati nella presunta “empatia” nella teoria specchio, si svolgano in tempi diversi.

  1. a) Lo sviluppo del senso di fame, quindi stato di tensione e frustrazione, e quello di sazietà, riduzione della tensione, appagamento-piacere, sarebbe la parte preponderante che forma le connessioni neuronali dei primi giorni di vita di un essere vivente.
  2. b) La coscienza etica si svilupperebbe nell’uomo durante l’età della latenza ( dai 5 ai 10 anni) e sarebbe l’elaborazione dei diversi codici etici presenti nell’ambiente (familiare, scolastico, con i pari durante il gioco) con il se del soggetto (individuazione) se in parte presente nel DNA che si slatentizza in presenza di stimoli psico-sociali ambientali.

Per stare in relazione con la teoria specchio l’aspetto a) è attivato dall’oggetto “cibo” , mentre l’aspetto b) dal soggetto che mangia (empatia).

Riportandoci all’esempio del comportamento della scimmietta che salva il cucciolo di cane:

  1. a) il piacere è automatico, ho fame, frustrazione (mi manca qualcosa e provo tensione) mangio la banana e la tensione scompare= piacere, quindi memorizzo la banana=piacere. Alla vista della banana si attiva un circuito neuronale veloce e automatico.
  2. b) affetto, (nell’uomo) dai 5 ai 10 anni mi costruisco un codice etico, vedo il cagnolino e provo dispiacere SECONDO IL MIO CODICE ETICO perché è in pericolo, intervengo anche se capisco il pericolo di essere aggredito, quindi INTERVENGO IN PRESENZA DI TENSIONE (pericolo) per salvare il cucciolo (codice etico). Il primo è attivato dalla presenza di nutrienti in circolo e dalla memoria dell’oggetto che produce questa risposta neuro bio chimica, il secondo da una struttura ideica più complessa, che si sviluppa dopo i primi mesi di vita (nutrizione, quando si sviluppa il processo banana – piacere) a seguito di una elaborazione soggettiva integrata fra la cultura circostante e il proprio se, che va a formare il “codice etico”. L’empatia in qualche modo sostiene il codice etico, ma assolutamente non quello alimentare perché se così fosse non mangeremmo nulla!

Pertanto è impossibile che dal punto di vista psicologico la: “fame-tensione frustrazione-sazietà-piacere” possa essere simultanea alla dinamica psichica “empatia-tensione dispiacere- comportamento etico”, è ovvio che il primo produce un comportamento che va verso la diminuzione di tensione: sazietà-piacere, mentre il secondo produce un comportamento che aumenta la tensione: la paura di essere aggrediti difendendo il cucciolo.

Quindi possiamo affermare una teoria polifunzionale che riguarda tutti i neuroni, ovvero non è la specificità dei singoli neuroni che caratterizzano la modalità psichica, in altre parole non è la specificità nel neurone specchio che caratterizza sia piacere da sazietà che empatia, secondo una duplice specifica funzione del neurone specchio.

O anche non è l’area F5 delimitata e costituita da specifici neuroni che determinerebbe sia il piacere della visione del cibo, sia il comportamento altruistico di protezione della scimmietta indiana, ma più probabilmente questo è determinato dal percorso che lo stimolo elettrico fa nel momento in cui si verifica l’attività psichica.

In questo senso i neuroni specchio possono essere considerati come degli “incroci” di diverse attività cognitive ma non dei neuroni specifici per una o l’altra attività psichica.

Concludendo i piani

a) soddisfazione di bisogno fisico (alimentazione) piano pulsionale.

b) identificazione con un altro individuo, piano affettivo.

c) comportamento di protezione materna, piano etico su base empatica.

difficilmente possono essere attivati contemporaneamente, o piacere alimentare, o identificazione proiettiva, o comportamento volitivo su base empatico-etica.

Pertanto non è sostenibile l’idea che della specificità di un singolo neurone specchio e tanto meno che abbia nella propria specificità tutte queste funzioni contemporaneamente, al massimo si può presumere che i neuroni siano polifunzionali e pertanto che possano essere parte di circuiti diversi, ma questo esclude un specificità neuronale come l’ipotesi specchio vuole far credere.

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L’imitazione neonatale non è presente fin dalla nascita.

imitazione_fig_vol1_005190_001Le evidenze emerse con le ricerche sull’apprendimento e relativa modifica dei circuiti neuronali, ricerche sull’Aplisia, un mollusco con assoni neuronali così grossi di diametro da permettere la misurazione del potenziale d’azione, e nemmeno le evidenze sulla plasticità neuronale, con recuperi neurologici, evidenti anche sugli umani, in caso di lesione, non sono bastate a dare uno stop alla vecchia idea di considerare la psiche e il sistema nervoso in modo statico, immutabile, predefinito.

La moda scientifica, sui neuroni specchio, ha fatto rinascere le vecchie concezioni di localizzazione e fissità della psiche, tale moda scientifica si sta affermando anche a livello accademico, anche con argomentazioni sulla cosi detta “cognizione sociale” umana, e si avvale di tali concezioni, in cui esisterebbe, fin dalla nascita, la “caratteristica immutabile” per una determinata attività socio-cognitiva imitativa, cioè nel singolo neurone, con specifica differenziazione funzionale che nel neurone specchio è la funzione motoria.

Secondo l’ipotesi specchio, i neuroni hanno fissità funzionale, per esempio nell’area F5, la funzione motoria del neurone è sia che si esegua un movimento sia che si veda eseguire lo stesso movimento, quindi sarebbero organizzati in aree specifiche e statiche, adiacenti alla zona della fronte (aree prefrontali) in modo da organizzare una mappa cerebrale che sarebbe stata confermata anche negli uomini dalla fRMI, tecnica che però, ultimamente si è mostrata fallace a causa dei software che utilizza, in altre parole, secondo la teoria specchio la corteccia cerebrale sarebbe come una cartina geografica, con confini statici e definiti.

La funzione neuronale sarebbe quindi specifica, localizzata a livello del corpo cellulare e immutabile, quella determinata cellula potrebbe svolgere solo quella funzione, anche se si tratta di funzione doppia “esecuzione-osservazione” di una funzione motoria.

Sul versante opposto noi cognitivisti storici, abbiamo sempre sostenuto, che l’attività neuronale è mutevole (plasticità neuronale) dinamica (possono essere utilizzati percorsi neuronali diversi per una stessa funzione cognitiva), polifunzionale (dallo stesso corpo cellulare possono passare potenziali elettrici per diverse azioni psichiche), e che sono le sinapsi, quindi i collegamenti neuronali, a determinare l’attività psichica e non lo specifico neurone, tranne in rari casi, più attinenti con la risposta endocrina.

Il neonato nasce con un numero di corpi cellulari almeno 10 volte maggiore, ma meno connessi fra di loro,  rispetto l’età adulta, età adulta che consideriamo come confine dello sviluppo più massiccio ed esplicito, in quanto il SNC si modifica, meno ma si modifica, fino alla fine della vita, il neonato attraverso l’esperienza già dai primi mesi consolida delle sinapsi quindi dei circuiti neuronali, e sono i percorsi fatti dal potenziale elettrico neuronale a caratterizzare il tipo di attività psichica e pertanto intangibile, e non i corpi cellulari o le attività cellulari che garantiscono solo che alcuni circuiti neuronali differiscano da altri (esempio sintesi dei mediatori sinaptici).

Anche dal punto di vista antropologico, la modalità comunicativa delle emozioni differisce da gruppo a gruppo a secondo delle abitudini sociali presenti nel gruppo d’appartenenza.

Pertanto è improbabile che possa esistere un modulo di imitazione innato basato sui neuroni specchio, come sostengono Giacomo Rizzolati, Leonardo Fogassi e Vittorio Gallese, neuroscienziati di Parma, come tra l’altro dimostrato nel maggio 2016 in questa ricerca di: Janine Oostenbroek Thomas Suddendorf Mark Nielsen Jonathan Redshaw Siobhan Kennedy-Costantini Jacqueline Davis Sally Clark Virginia Slaughter, ricerca fatta su 106 neonati testati in 4 tempi diversi (1-3-6-9 settimane di vita), in cui è stato dimostrato con un campione certamente più ampio, la casualità della risposta mimica nei neonati.

Un dettaglio non trascurabile è che la ricerca è stata fatta in Australia, dove la popolazione ha derivazioni etniche eterogenee e solo il 31% afferma di avere origini anglosassoni.

Pubblicazione  citata anche  in un articolo da Maurizio Rossetti

Ma allora cosa hanno trovato i teorici dei neuroni specchio?

Semplice hanno trovato quello che cercavano, la loro convinzione potrebbe averli portati a: favorire, predisporre, assemblare, in una sorta di “profezia che si autoavvera” una realtà costruita sulla base dei soliti “pregiudizi scientifici”, che proiettano il proprio stile cognitivo: stabilità, ripetibilità,  definizione anatomica e funzionale di un organo, sulla realtà osservata, e questo impedisce di vedere la realtà, per quanto sia possibile osservarla con la nostra limitatezza percettiva, per quello che è.

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La carica dei 101 mila psicologi e i troppi psico-qualcosa che gli fanno formazione.

Prima dell’istituzione dell’Ordine professionale degli psicologi 1989, in Italia si contavano 2 corsi universitari a: Padova e Roma.

All’inizio degli anni ’90 salivano almeno a 5: Padova, Roma, Torino, Milano, Bologna.

Oggi di corsi universitari in Psicologia ce ne sono almeno 39, dopo la Riforma Moratti che doveva adeguare i percorsi universitari alle esigenze del mercato, abbiamo visto il business formativo universitario di psicologi aumentare di 10 volte.

Di tutti questi laureati in psicologia solo una piccola parte si iscrive all’Ordine degli Psicologi con la speranza di poter esercitare la professione, per un totale di 95.000 nel 2015 che certamente ad oggi, 2016 avrà superato la quota di 100.000.

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L’affare formazione si è poi spostato anche alla formazione permanente (ECM obbligo formativo)

L’Ordine degli Psicologi, invece che tutelare la professione dello psicologo e impedire che un’enorme quantità di pseudopsicologi, faccia le stesse cose che fanno gli psicologi, è più preoccupato a controllare se l’obbligo formativo viene ottemperato da tutti gli psicologi, tramite agenzie apposite naturalmente costituite sempre dai non psicologi CoGeAps.

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Se state pensando che fare formazione è una delle opportunità per uno psicologo vi sbagliate, non solo nei vari costosissimi corsi di formazione ci sono tanti psico-qualcosa e rari psicologi, ma anche nei corsi di Laurea Magistrale in Psicologia per esempio due docenti su dieci hanno una laurea in psicologia, questo lo si scopre andando a cercare pazientemente nei loro curriculum, sui siti confusivi delle varie università.

Se per ottemperare all’obbligo formativo vi iscrivete a una di queste Lauree Magistrali in Psicologia, frequentando le lezioni vi accorgete subito che parlano di tutto tranne che di cose pertinenti alla psicologia o argomentate in modo congruente alla disciplina psicologica, una cozzaglia di informazioni inintelligibili, vi viene propinata con elegante trattazione, e poi capite il perchè… per esempio il corso denominato “SSD: PSICOLOGIA DINAMICA M-PSI/07, è tenuto da un filosofo, non iscritto all’Ordine degli Psicologi, ma dovrebbe essere un corso tenuto da uno psicologo – psicoterapeuta con esperienza di psicoterapia, semplicemente perché è più adatto a questo tipo di trattazione, o altro esempio: il corso denominato “SSD: PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO E PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE M-PSI/04” (notare lo PSI che sta per psicologia) non è tenuto da uno psicologo dell’età evolutiva iscritto all’Ordine degli Psicologi e con esperienza in psicologia dell’età evolutiva, ma da una pedagogista.

Tutto questo vi sembra normale? In qualche corso di laurea in Medicina, Architettura, Ingegneria, o altro che preveda un Ordine professionale accade tutto questo?

No non accade, e non solo nei corsi di laurea professionalizzanti, per esempio nel programma di corso di laurea in Fisica, chi insegna matematica deve avere una laurea in matematica, ma CHI INSEGNA FISICA HA ALMENO UNA LAUREA IN FISICA oltre a varie pubblicazioni.

E sono certa che andando a verificare i titoli accademici di tutti i docenti di tutti i corsi di laurea in psicologia, si troverebbero molte altre assurdità.

Quindi a che punto siamo arrivati con questa grande apertura degli Ordini professionali degli psicologi alla psicovulgata e alla legittimazione di un esercito di “psicoqualcosa”? versus: la delegittimazione degli psicologi controllando l’ ottemperanza all’obbligo formativo?

Questi psico-qualcosa formano gli psicologi che potranno iscriversi all’Ordine professionale degli Psicologi, e a breve venderanno corsi di formazione continua agli psicologi iscritti all’Ordine che sono tenuti pertanto all’obbligo formativo.

Io mi auguro che davvero per le prossime elezioni ordinistiche vi sia una sorta di carica dei 101 mila psicologi che si ribella al fatto di essere considerati solo ed esclusivamente come opportunità di reddito da parte di una valanga melmosa di non psicologi.

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