Partendo dall’ipotesi che dopo “la morte” l’identità del soggetto permanga, possiamo immaginare “l’identità energetica” al momento del concepimento, come un’energia che inizia ad avere dei processi trasformativi accelerati, tale accelerazione trasformativa ha la necessità, da parte della “coscienza” di essere collocata rispetto se.
Quindi la coscienza ha bisogno di creare due elementi che gli permettano di collocare tale “auto-accelerazione” (ma la realtà materiale-sensoriale-tangibile… potrebbe essere anche un decelerazione energetica).
Questi elementi sono il tempo e lo spazio, il tempo e lo spazio sono produzioni della coscienza e non “la realtà è produzione della coscienza” (esiste ciò cui la coscienza presta attenzione in un universo infinito di possibiltà) la realtà energetica di altre individuazioni, e di forme di energia non identitarie, esiste a prescindere dall’attenzione che la coscienza ha su di esse.
Non esiste invece il tempo e lo spazio che sono prodotti della coscienza che “interpreta” il movimento energetico.
Applicare la teoria probabilistica in modo così estremo, come viene fatto nel biocentrismo, non è corretto.
Se nella realtà umana di tutti i giorni l’aspettativa e la probabilità si possono coniugare per dar luogo a determinati fenomeni, nella realtà energetica questo non può accadere, in quanto l’aspettativa e la probabilità sono costruzioni della coscienza e “non” realtà energetiche, le quali potrebbero essere costituite da “caratteristiche identitarie energetiche” (oscillazioni energetiche proprie) coniugate a “caratteristiche comunicative energetiche” (oscillazioni energetiche proprie ma in sincronia o meno con altri elementi energetici) e forme libere di energia (non collocate in forme energetiche identitarie), secondo questa mia “folle” teoria, anche una cellula vegetale, un virus hanno una identità energetica propria.
Da quando si sono sviluppati i social net work il fenomeno dell’intolleranza anche verso pareri difformi, il desiderio di zittire sulla base di regolamenti auto proclamati, e certo autoritarismo tipico del comportamento infantile nell’adulto , è sempre più evidente nei contenuti proposti dai fruitori di internet.
L’elemento psicologico carente in questo processo è principalmente l’empatia.
L’empatia permette di comprendere meglio il punto di vista dell’interlocutore, mettendosi un po’ nei suoi panni, al fine di poter interagire e rispondere in modo più pertinente ai contenuti proposti dall’altra persona.
I canali con cui s’interpreta in modo empatico sono di tipo non verbale, tono e ritmo della voce, postura, espressione mimica ecc.., alcuni sono più abili ed esperti ad interpretare il non verbale ma in generale lo facciamo tutti in modo automatico.
Internet non permette la comunicazione non verbale, infatti le nuove generazioni hanno inventato un linguaggio parallelo per ovviare a questo problema: le emoticon.
Ma le emoticon non possono essere spontanee ed automatiche come invece avviene per il non verbale nel quotidiano, e pertanto spesso risultano dissonanti rispetto il verbale.
Pertanto che succede? Durante la conversazione solo verbale sul web (perchè non si tratta di esposizione letteraria) , viene avvertito a livello non consapevole, che il contenuto è di difficile interpretazione in quanto il non verbale non è presente, questo genera frustrazione e quindi pone l’emozione più sull’insieme delle emozioni attinenti la rabbia, questa emozione che deriva dalla frustrazione condiziona inconsapevolmente i successivi contenuti proposti dal soggetti, seguendo un catena di successioni verbali che via via perdono il senso del contenuto per dar luogo all’istanza emotiva che “non può essere zittita” attraverso l’elusione in quanto si tratta di una istanza emotiva e non cognitiva.
In realtà la cosa è molto più complessa, ma ho voluto divulgare questa schematizzazione nella speranza che possa essere utile a qualche lettore.